
E «Si fa prima a dire quali problemi non ha creato», sbotta lo stesso responsabile programma della campagna elettorale nel Lazio, l`ex dc di lungo corso e oggi senatore Lucio D`Ubaldo.
La decisione di Emma Bonino di iniziare, ormai da due giorni, lo sciopero della fame e della sete a causa del macchinoso e penalizzante sistema di raccolta firme per la presentazione delle liste - sistema che, a suo dire, penalizza i Radicali ha creato non pochi problemi, al Pd. Tecnico organizzativi da un lato, come dice, per smussare i toni della polemica il coordinatore della campagna, Riccardo Milana (senatore a sua volta). Infatti, la Bonino è rimasta tutto il giorno a Milano anche ieri, dopo aver «disertato» (titolo dell`Unità) la presentazione di tutti i candidati presidenti organizzata dal Pd lunedì scorso al teatro Alibert, con tanto di nome della Bonino scritto grande, affianco a quello di Bersani.
E così, all`appuntamento elettorale già fissato in quel di Guidonia, a parlare al suo posto ieri pomeriggio c`era Milana. «Domani (oggi per chi legge, ndr.) torna, e si continua a lavorare»,
sbotta secco Milana, che pure non nasconde la "rivoluzione" subita dall`agenda. Per dirne un`altra, l`altro giorno la Bonino ha saltato anche un altro appuntamento non di poco conto, quello con la potente Confcommercio. Certo, pubblicamente il partito specialmente quello di rito bersaniano - continua a fare quadrato intomo al candidato presidente, come già ha detto e ripetuto più volte lo stesso segretario nazionale Pierluigi Bersani. Anche il segretario del Pd laziale, Alessandro Mazzoli, ribadisce la sua solidarietà a Emma, intervenendo nel corso della direzione regionale del suo partito che si è tenuta ieri pomeriggio a Sant`Andrea delle Fratte, e
sprona il Pd all`impegno e alla mobilitazione, annunciando anche che, entro oggi, vi sarà la definizione delle liste, a partire dai nomi del listino. Il centrodestra sfotte e punge, il problema
resta e il malumore del Pd pure.
Lo ha reso palese, sul Corriere della Sera di ieri, la presidente nazionale Rosy Bindi, che ha accusato la Bonino di «slealtà» e rivelando di nutrire «sempre più dubbi», sulla sua candidatura. La leader radicale ha risposto, altrettanto a muso duro: «Invece di criticarmi faccia qualcosa, e ci aiuti», ha detto dai microfoni di Radio 2 Rai. Le critiche arrivano dal livello locale come da quello nazionale, dentro il Pd. E sono quasi trasversali alle aree. Il popolare Pierluigi Castagnetti, che non ha mai nascosto i suoi dubbi sulla stessa candidatura della Bonino, non vorrebbe fare altre polemiche, ma teme «una campagna elettorale tutta sulle spalle del Pd» e la scarsa, o quasi nulla, «capacità coalizionale dei radicali, che mettono sempre davanti loro stessi, rispetto alle logiche e alle esigenza della coalizione». Il veltroniano Stefano Ceccanti è un altro che nutriva dubbi ab urbe condita: «La candidatura Bonino poteva e può essere di tutti o solo dei radicali, ma nasce ambigua. Ecco perché avrei preferito le primarie».
Le battute dei popolare Fioroni si sprecavano, l`altro ieri, alla kermesse nazionale del Pd(«Speriamo che lo sciopero della fame non diventi uno sciopero di voti») e anche se il suo fidato luogotenente sul territorio e nel comitato Bonino, D`Ubaldo cerca, come gli altri maggiorenti del Pd, di metterci una pezza, malcontento e malumore continuano a serpeggiare. «La Bonino è la candidata di tutti - spiega paziente - e tale deve essere, non può venir meno al proprio ruolo o dimenticarsene, anche solo per 48 ore, abbandonando il Lazio e pensando solo ai radicali. Una cosa del genere, da parte di un candidato presidente di centrosinistra, non s`era mai vista».
E visto che le disgrazie non arrivano mai da sole, basta ascoltare uno stimato sondaggista come Roberto Weber per scoprire che «l`esibizione ostentata di un profilo radicale forte inficia la logica coalizionale della Bonino e si traduce in una minore capacità di presa sull`elettorato. Un problema ancora maggiore se si pensa che le due coalizioni sono molto vicine, la trasversalità di entrambi i candidati sta evaporando e si vince se si fa il pieno dei voti della propria parte politica». Nel Pd lo sconforto sale.
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