
Ultimi giorni prima che a Capodanno entri in vigore la nuova Costituzione ungherese: la prima dalla caduta del comunismo, in questo Paese che alla caduta del comunismo fece da battistrada; e la seconda dopo quella stalinista del 1949, dal momento che l'Ungheria è sempre stata anche attaccata a un'interpretazione anglo-sassone della propria storia istituzionale che oltre a farle soprannominare il proprio Parlamento «la Westminster del Danubio» la portava anche a privilegiare un modello costituzionale appunto informale. Ma c'è poco di anglo-sassone nella crescente agitazione con cui ci si sta avvicinando a questo appuntamento: tra ex-primi ministri e deputati arrestati; radio indipendenti chiuse; allarmi di Stati Uniti e Unione Europea su un rischio di dittatura. Anche se secondo altri è invece in corso una campagna contro il tentativo del premier Viktor Orban di resistere ai diktat dei potentati finanziari internazionali.
È stato infatti sfidando la minaccia di Fmi e Bruxelles di bloccare un prestito da 20 miliardi che la Federazione dei Giovani Democratici Fidesz, il partito di Orban, ha votato un ultimo pacchetto che comprendeva l'assoggettamento della Banca Centrale al governo e uno scaglione fiscale unico al 16%, modificabile solo con i due terzi dei voti. E qui un bel pacchetto anche di singolarità. La Fidesz, che ha pure nazionalizzato le pensioni private e sottoposto all'esecutivo organi di controllo come la Corte Costituzionale o la Corte dei Conti, al tempo della transizione era stato infatti un partito liberale e liberista con tinte libertarie e libertine stile Partito Radicale italiano, prima di svoltare verso il modello DioPatria-Famiglia con cui comunque alle ultime elezioni dell'aprile 2010 ha vinto 262 deputati su 386. Con questa maggioranza ha imposto una Costituzione che è proclamata nel nome di Dio; tutela la nascita dal concepimento; vieta il matrimonio gay; garantisce la nazionalità ungherese a tutti i magiari rimasti fuori dai confini nazionali con la pace del Castello Trianon del 1920; "assolve" il popolo ungherese di tutto quanto è avvenuto tra l'arrivo al potere delle naziste Croci Frecciate nel 1944 e la caduta del comunismo nel 1990; limita il diritto di voto ai «mentalmente incapaci». E ora si oppone appunto a Fmi e Ue, al costo di far degradare i bond ungheresi a livello "spazzatura". Ma d'altra parte in questo modo cerca anche di arginare l'ondata dell'estrema destra del partito Jobbik che adesso stando ai sondaggi sarebbe addirittura il secondo partito con almeno i122% dei voti, e la cui agenda politica è dominata dagli slogan contro ebrei e rom.
A portare in piazza 10.000 persone contro questo ultimo pacchetto, un'opposizione di post-comunisti e verdi che in altri contesti sarebbe stata la prima a protestare invece contro le "imposizioni" dell'Fmi. E tra la ventina di deputati che sono stati per qualche ora arrestati perché si erano incatenati di fronte al Parlamento c'è stato anche l'ex-premier postcomunista Ferenc Gyurcsàny: più improbabile tra i difensori della libertà, se si pensa a come nel 2006 aveva scatenato l'ira popolare vantandosi di aver mentito in campagna elettorale senza accorgersi che stava venendo registrato. Ma d'altra parte il crescente nazionalismo ungherese ha un bel prendersela con l'euro: l'Ungheria non ci sta, e ciò non gli ha impedito di avere comunque l'economia trascinata in basso. Quanto alla chiusura di Klubradio, il governo dice che è stata applicata "in modo oggettivo" una legge sui media simile a quella svedese; ma il risultato è stato comunque in stile Venezuela chavista.
Insomma, forse le colpe non stanno da una parte sola. Ma il risultato è che, comunque, dopo il commissariamento di Grecia e Italia, la crisi sta per portare alla democrazia europea un nuovo colpo anche più grave.
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