
Alla fine sarà l’aula di Montecitorio, questo pomeriggio, a decidere se la proposta di legge ABC sul controllo e la trasparenza dei bilanci dei partiti sarà discussa dalla commissione affari costituzionali in sede legislativa, inforcando così il binario più veloce, visto che se ci fosse il via libera, la partita si potrebbe addirittura chiudere alla camera entro la settimana.
Come da regolamento, la proposta è arrivata dal presidente della camera Gianfranco Fini, su richiesta della maggioranza che ha elaborato il testo e che spinge per approvarlo al più presto. Nell’alternativa fra un processo che si sarebbe giocato tutto all’interno della commissione e una valutazione per così dire apertis verbis, pubblica e solenne, attorno all’accelerazione nell’approvazione di un provvedimento così delicato per la politica in questa fase, si è deciso dunque per la seconda. Un modo – anche – per rendere esplicite le diverse posizioni politiche su un tema a cui l’opinione pubblica è oggi molto sensibile.
Lo dice chiaramente il presidente dei deputati di Fli, l’ex radicale e finiano di ferro Benedetto della Vedova: «È chiaro che, se diranno di no, le forze politiche dovranno assumersi la responsabilità e spiegare ai loro elettori che vogliono ritardare l’applicazione della normativa». In aula si vota per alzata di mano. Per bloccare la procedura di assegnazione alla commissione in sede legislativa è sufficiente che il governo o un decimo dei componenti dicano di no.
I numeri sono presto fatti: basta il voto contrario di 63 deputati. Solo con i leghisti (59) e i Radicali (6) si arriva già a 65. Ma i Radicali, storicamente titolari della battaglia per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti (in autunno faranno partire la raccolta firme per il referendum) lasciano aperto uno spiraglio.
Spiega infatti Maurizio Turco che, al di là del merito che sarà ampiamente discusso, per loro si può fare ma a condizione che «siano garantiti tempi congrui al dibattito e, soprattutto la diretta televisiva delle dichiarazioni di voto finale, sulla stessa rete e con gli stessi tempi delle “grandi” questioni».
Di Pietro ha già fatto sapere che il punto non è il metodo, anzi, ma il merito. Dunque non dovrebbe mettersi di traverso, pur senza smettere di suonare la grancassa della restituzione della tranche di luglio (l’Idv ha già detto che girerà a Fornero 4 milioni degli 11 che gli spettano), del dimezzamento dei rimborsi e della conseguente campagna referendaria.
Il punto è la Lega, che ha rinunciato ai rimborsi di luglio e che pur travolta da inchieste giudiziarie che aprono ogni giorno scenari nuovi (ieri erano gli acquisti di diamanti per 400mila euro), ha ribadito il suo no, intimando ai suoi di essere tutti presenti in aula. Intanto, nella relazione che accompagna la loro proposta di legge Bersani, Alfano e Casini chiariscono una volta per tutte che cosa pensano a proposito di finanziamenti pubblici: cancellarli del tutto «sarebbe un errore drammatico, che punirebbe tutti allo stesso modo, compresi coloro che in questi anni hanno rispettato scrupolosamente le regole. E che metterebbe la politica completamente nelle mani delle lobbies, centri di potere e di interessi particolari». Il tema, allora, non è cancellare, ma ridefinire. Cosa che avverrà nell’ambito dell’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, già all’esame della commissione affari costituzionali, in aula a fine maggio.
Nel frattempo, la legge ABC con verifiche stringenti e massima trasparenza sulla gestione dei rimborsi. Un anticipo per cominciare ad arginare quell’ondata di antipolitica che, spiegava il segretario dem domenica, va contrastata con la buona politica.
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