Un'idea diffusa nel mondo è quella che, per aiutare chi si trova in difficoltà, la soluzione migliore sia destinargli somme di denaro. Una prassi ormai consolidata vede i governi e le organizzazioni internazionali adoperarsi per raccogliere "tesoretti" e spedirli sotto forma di aiuti ai paesi del Terzo Mondo. La prima operazione è semplice quanto spietata: s'inasprisce il prelievo sugli ignari contribuenti, che spesso non hanno idea di dove finisca l'obolo che versano al Leviatano pubblico. La seconda assume addirittura contorni tragicomici: il flusso di denaro finisce spesso e volentieri nelle tasche di dittatori, criminali e burocrati. Ma gli incentivi costituiscono lo strumento migliore per risollevare le sorti delle aree disagiate? Per capirlo, proviamo a prendere in considerazione un esempio di casa nostra, ovvero la questione meridionale, croce e delizia dei policy maker dai tempi dell'Unità. Francesco Delzio, autore di La scossa. Sei proposte shock per la rinascita del Sud, in un recente articolo [3] pubblicato su FFWeb Magazine ha elencato una serie di dati che possono aiutarci a fare luce sulla faccenda. Negli ultimi sessant'anni, scrive Delzio, lo stato italiano ha investito nel Mezzogiorno tra mezzo punto e un punto percentuale di Pil all'anno. Per la precisione il totale speso, dal 1951 al 2008, è di 342,5 miliardi di euro. A valori attualizzati, 6,12 miliardi l'anno. Senza contare le somme spese dalle varie aziende pubbliche e il denaro copiosamente e generosamente distribuito dagli enti locali meridionali, spesso abbondantemente indebitati (due casi su tutti, uno a destra e uno a sinistra: la Catania di Scapagnini e la Campania di Bassolino). Scrive ancora Delzio: «Nella famigerata Prima Repubblica, e in particolare negli anni '80, ben 80 euro su 100 della spesa pubblica aggiuntiva (rispetto a quella ordinaria) per il Sud erano destinati allo sviluppo delle infrastrutture e soltanto 20 alle agevolazioni alle aziende. Negli ultimi 15 anni, invece, il rapporto si è quasi invertito: tra il 1994 e il 1998 addirittura il 57 % della spesa generale è stato destinato ai trasferimenti diretti alle imprese e solo il 43,5 % allo sviluppo delle infrastrutture, mentre tra il 1998 e il 2007 il 44,5% delle risorse sono state assorbite dagli incentivi. Il 70 % di tutte le erogazioni alle imprese del periodo 2000-2007 (oltre 40 miliardi di euro), inoltre, è stato effettuato in conto capitale. Ovvero: a fondo perduto». Solo con gli aiuti versati alle imprese nell'ultimo cinquantennio si sarebbero costruiti 23 ponti sullo Stretto di Messina.