di Adriano Sofri
Il Foglio, 26 luglio 2010
Sul sito di Repubblica ieri c’era il resoconto di una visita ispettiva di parlamentari radicali e volontari di Ristrrtti Orizzonti e del Garante dei detenuti all’Ucciardone. La visita aveva preso le mosse dalla lettera di un detenuto a Riccardo Arena: “Cara Radiocarcere, sono un detenuto dell’Ucciardone e quando sono entrato qui dentro sono stato nel canile”. Ovvero una gabbietta, larga un metro e alta due, dove stai chiuso in piedi per ore, qualcuno anche per giorni, io ci sono stato 10 ore. È stato terribile. Vomitavo, facevo i bisogni e piangevo.
Ma nessuno è venuto a vedere come stavo... Dopo il canile mi hanno portato in uno stanzone pieno zeppo di detenuti. Lì c’era gente malata di mente, stranieri, tossicodipendenti in crisi d’astinenza, malati d’Aids. Dopo circa un mese mi hanno portato in quella che sarebbe diventata la mia cella e mi son detto: il peggio è passato! E invece mi sbagliavo, l’inferno vero all’Ucciardone iniziava lì”. I visitatori hanno trovato il canile e le gabbie.
“Il giorno dell’ispezione dentro c’era un ragazzo - ha detto Rita Bernardini - ma quando ho fatto per chiedergli da quanto tempo fosse lì dentro, di fatto mi è stato impedito”. Ecco, sempre ieri, i giornali davano brevissima notizia del suicidio del provveditore calabrese alle carceri, in vacanza a Tropea, era indagato per “abuso d’ufficio e minacce a un direttore di carcere”, si proclamava innocente: aveva il porto d’armi, si è sparato con la sua pistola. Ancora ieri, a Catania, si è ammazzato un detenuto di 39 anni - il nome non importa, solo il numero ordinale, era il trentottesimo: si è reciso la carotide con una lametta da barba. Chissà come se l’era procurata, una lametta da barba.
Fonte: http://detenutoignoto.blogspot.com/2010/07/lettere-il-canile-dellucciardone-e.html [3]