Un tedesco su 40 nato con la fecondazione in vitro. Una tendenza in costante crescita, anche in Italia
Sempre più tedeschi nascono in provetta. A dirlo è il Bundesinstitut ffir Bevolkerungsforschung, l`ente teutonico per la ricerca demografi- ca: tra il 1997 e il 2014, infatti, a Berlino e dintorni, grazie alla cosiddetta fecondazione in vitro, hanno visto la luce (per la prima volta, s`intende) 225mila bambini. Cioè uno ogni quaranta nascite. E, trattandosi di una media distribuita su diciotto anni, è logico aspettarsi che quel rapporto oggi sia anche più elevato.
Chiariamo subito: la fecondazione in vitro (quella che in gergo medico viene definita "Fivet", fertilizzazione in vitro con embryo transfer) è una delle tecniche di procreazioni assistita, anche se tra le più comuni: avviene «fuori dal corpo», in quella che comunemente viene definita una «provetta», e l`embrione così fecondato è, in un successivo momento, trasferito nell`utero della donna. Ma tant`è: da Hannover a Monaco erano 12.456 i piccoli nati da tecniche in vitro nel 2001, sono cresciuti a 17.075 nel 2013. Tradotto in p ercenmali significa che se solo quindici anni fa rappresentavano appena 1`1,7% dei fiocchi rosa o azzurri appesi fuori dalle porte tedesche, nel 2013 sono balzati al 2,5%. Ovvio: non si tratta (ancora) di numeri determinanti, ma il trend in crescita, ecco, quello è certo. E con tutte le conseguenze del caso: sempre in Germania, col passare degli anni, cresce pure l`età media delle madri che si affidano alle fecondazioni in laboratorio pur di restare incinta (sono più della metà, ma vent`anni fa erano soltanto un terzo).
In Danimarca, invece, dove la procreazione eterologa è possibile anche per le (future) madri single già da nove anni, nel 2015 un bambino su dieci è stato concepito da una donna senza il relativo compagno. Già. Ma in Italia? Da noi la feconda assistita è stata normata solo nel 2004 e quella eterologa (ossia che prevede l`utilizzo di un seme oppure di un ovulo esterno alla coppia) addirittura nel 2014. «L`ultima relazione al Parlamento in materia di legge 40», chiarisce Filomena Gallo, segretario dell`associazione Luca Coscioni per la ricerca scientifica, che da decenni si occupa di questo genere di questioni, «evidenzia che dopo dodici anni di battaglie legali per affermare i diritti delle persone, oggi abbiamo i primi risultati anche in termini di nascite».
Della serie: quelli del Belpaese sono dati in tutto e per tutto in linea con i numeri tedeschi. Appunto: se il 2,5% dei bambini nati nel 2014 ha dei genitori che hanno fatto ricorso alla riproduzione assistita da tecniche di secondo e terzo livello, nel 2005 i piccoli in quella condizione erano meno dell`1%, e per la precisione lo 0,66%.
«Si tratta di un numero di cicli ridotto perché, di fatto, queste tecniche non sono fruibili su tutto il territorio nelle varie strutture pubbliche», commenta Gallo, «ma nonostante questo i risultati sembrano incoraggianti e sarà interessante vedere come si evolveranno nei prossimi anni». D`altro canto a fotografare la situazione dello Stivale è proprio l`Istituto superiore di Sanità: due anni fa (ultima analisi disponibile) nel nostro Paese erano attivi 362 centri di Pma (cioè, per i non addetti ai lavori, di procreazione medicalmente assistita), 70.589 coppie ne hanno fatto uso per qualcosa come 90.711 cicli di trattamento iniziati. Si sono quindi otte- nute 15.947 gravidanze, di cui oltre 14mila monitorate, e ci sono stati 10.732 parti per un totale di 12.658 bambini nati vivi. Tanto per dire.
«In Italia si crea una famiglia sempre più tardi, ma i dati di cui disponiamo non evidenziano che questo elemento è legato a un Paese sempre più povero, dove una coppia decide di avere un figlio solo se ha un reddito che consente di arrivare a fine mese», specifica ancora Gallo. «Abbiamo bisogno di un welfare reale, di lavoro stabile e solo così vedremo scendere l`età di chi prova ad avere un figlio. A differenza di tanti altri Paesi, nel nostro i sigle e le copie dello stesso sesso non possono accedere alla Pma e l`eterologa non è applicata in tutte le strutture, nonostante sia lecita».
«La Corte Costituzionale ha chiamato in campo il Parlamento», chiosa, «affinché gli embrioni non idonei per una gravidanza siano utilizzati p er la ricerca: attualmente sono conservati senza alcun utilizzo previsto. Come associazione "Luca Coscioni" stiamo lavorando per rimuovere questi divieti».
