Centosei comuni del sudest anatolico a maggioranza curda sono sotto inchiesta giudiziaria per aver proclamato l’«autonomia» rispetto allo Stato centrale. Le recenti dichiarazioni del leader dell’HDP, Selahattin Demirtaş, al Congresso della Società Democratica (DTK), una piattaforma che riunisce tutte le organizzazioni non governative curde, sono state considerate pericolose per l’integrità della nazione turca dal primo ministro Davutoğlu, il quale ha annullato un incontro sulle riforme programmato il 30 dicembre scorso.
Demirtaş non aveva in realtà parlato di separazione, che tra l’altro tutto il movimento curdo ha definitivamente abbandonato nel lontano 1992. Aveva dichiarato invece che: «La risoluzione del problema curdo è parte integrante del processo di democratizzazione della Turchia e viceversa» e aveva parlato di una maggiore governance a livello locale, di più diritti per tutte le minoranze e di bilinguismo nelle province curde, ma sempre all’interno dello Stato unitario turco.
Subito dopo un procuratore di Diyarbakır ha aperto un’inchiesta contro lo stesso Demirtaş per le sue dicharazioni e il presidente Erdoğan ha denunciato l’HDP dicendo che chiedere l'autonomia nel momento in cui il PKK ha ripreso la sua campagna armata equivale a un tradimento. Ancora una volta un partito democraticamente eletto rischia di finire sotto inchiesta per le sue posizioni politiche. L’unica strada percorribile per la risoluzione della questione curda è quella del dialogo con la scrittura di una nuova costituzione che tuteli tutte le diversità. L’UE può facilitare questo percorso aprendo subito i capitoli bloccati del negoziato di adesione della Turchia, in particolare il 23 e il 24 sul sistema giudiziario e le libertà fondamentali.
Fonte: http://www.radicalparty.org/it/content/la-risoluzione-della-questione-curda-e-il-ruolo-dell-ue [1]