Cannabis, la skunk potrebbe danneggiare gravemente il cervello
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Il consumo di skunk, una delle varietà di cannabis [3] più diffuse e potenti al mondo, potrebbe danneggiare le fibre nervose che gestiscono la comunicazione tra emisfero destro ed emisfero sinistro del cervello. A scoprilo, un’équipe di scienziati del King’s College London e della Sapienza – Università di Roma, che, come raccontano sulle pagine della rivista Psychological M [4]edicine [4], tramite scansioni cerebrali hanno mostrato le differenze nella materia bianca del corpo calloso, che connette, per l’appunto, i due emisferi del cervello, esistenti tra i soggetti consumatori della sostanza e non. I ricercatori, inoltre, non hanno notato le stesse differenze in soggetti che usano varietà meno potenti della cannabis.
Il principale responsabile del fenomeno, racconta al Guardian [5] Paola Dazzan [6], neurobiologa allo Institute of Psychiatry del King’s College, è il Thc, o tetraidrocannabinolo, il principio attivo della cannabis, contenuto nella skunk in concentrazioni che possono arrivare fino al 14% (la varietà tradizionale di cannabis arriva invece fino al 4%): “Analizzando il corpo calloso”, spiega Dazzan,“si notano differenze significative nella materia bianca, tra chi usa cannabis particolarmente potente e chi non l’ha mai usata, o l’ha usata in versione a basso contenuto di Thc”. Il corpo calloso, in effetti, è la zona del cervello più ricca di recettori dei cannabinoidi, particolarmente sensibili al Thc.
Per scoprirlo, i ricercatori hanno sottoposto 56 soggetti che avevano subito un episodio di psicosi e 43 volontari sani a due tipi di scansioni cerebrali, la risonanza magnetica (Mri) e il tensore di diffusione (Dti): le analisi hanno evidenziato che i consumatori quotidiani di skunk avevano una diffusività media del corpo calloso maggiore del 2% rispetto ai non consumatori. “Vuol dire, in altre parole”, spiega ancora Dazzan, “che la materia bianca è meno efficiente, il che suggerisce un trasferimento di informazioni da un emisfero all’altro meno efficiente”.
Lo studio, sottolineano gli autori, non è una conferma del nesso causa-effetto tra consumo di cannabis e danneggiamento della materia bianca: potrebbe anche essere vero il contrario, ovvero che i soggetti con materia bianca deteroriati siano più portati a consumare cannabis. “È possibile”, conclude la ricercatrice, “che queste persone avessero già da prima una struttura cerebrale diversa e che fossero più propensi all’uso della sostanza. Quello che possiamo dire con certezza è che se la sostanza è molto potente, e se la si utilizza frequentemente, il cervello è diverso da quello di chi ne usa una varietà meno potente o di chi non la usa affatto”.
