Assistenza al suicidio in Germania: è reato solo se attuato per fini di lucro
Il Bundestag ha compiuto un altro passo avanti per definire un quadro legislativo che consenta l’aiuto al suicidio ma impedisca che questa attività divenga un business.
ll Programma Nazionale di Prevenzione al Suicidio ha dato notizia di una importante novità: é stato creato un nuovo reato - definito nell’Articolo 1 del § 217 del Codice Penale - che punisce il “favoreggiamento del suicidio a fini di lucro”. Nell’Articolo 2 vengono però esclusi dall’incriminazione parenti e persone in rapporto affettivo con la persona suicida.
Queste – in sintesi – le motivazioni della decisione e la situazione dell’aiuto al suicidio in Germania.
- Il sistema giuridico tedesco non incrimina il suicidio responsabile, perché non danneggia altri e perché lo Stato di Diritto liberale non riconosce, sul piano giuridico , un “dovere generale costrittivo” alla vita. Quindi né il tentato suicidio né il suicidio o la partecipazione al tentato suicidio o al suicidio sono punibili in sé.
- Risulta da una inchiesta che il 61,8% dei tedeschi ha paura di un lungo percorso del morire e di dolori, mentre il 53,8% teme di essere di peso ai familiari
- Nell’anno 2013 vi sono stati 10.076 suicidi (1% sul totale delle morti annue) e circa 100mila persone hanno sofferto per il suicidio di persone care
- È preoccupante che anche in Germania (come succede in stati confinanti) ci siano organizzazioni e persone che offrono in modo continuativo o a scopo di lucro il suicidio assistito come modo alternativo al morire in modo naturale, accompagnato con la medicina. Un medico di Berlino dice di avere in 20 anni aiutato 200 persone a morire. Un’associazione esistente in Germania avrebbe aiutato a morire 29 persone nel 2012 e 41 nel 2013. È un fenomeno dell’attualità, come riferiscono anche dalla Svizzera, dove sono aumentati i numeri. Nel 2014 si sono decisi al suicidio assistito il 25% di persone in più dell’anno precedente. Tra loro una grande quota di tedeschi (Neue Zürcher Zeitung).
- Si vuole impedire che una crescente attività di assistenza al suicidio si sviluppi come si trattasse di una branca del Servizio Sanitario Nazionale. Per questo, ricorrendo anche al Codice Penale, si cerca di proibire che associazioni o persone singole continuino ad offrire abitualmente l’assistenza al suicidio, per non favorire l’aumento di richieste - in particolare da parte di persone fragili, malate e anziane - e al tempo stesso di tutelare il diritto all’autodeterminazione secondo la Costituzione.
- Il divieto vale anche nel caso in cui questo tipo di aiuto continuativo sia offerto non a scopo di lucro
- Non è incriminato l’aiuto al suicidio da parte di parenti o persone in rapporto affettivo, se esse non agiscono a scopo lucrativo.
- Dati del programma nazionale di prevenzione al suicidio: 2/3 per cento dei suicidi sono da riferire a depressione; tre quarti dei suicidi sono maschi; il 73% di tutti i suicidi vengono compiuti da persone a partire dai 45 anni, 30% da persone da 65 anni in poi. (www.suizidpraevention-deutschland.de [2])
- In base a questo quadro, offerte di assistenza al suicidio - sia a scopo di lucro che di semplice offerta umanitaria - potrebbero provocare una tendenza a farvi ricorso più facilmente.
- Vanno rinforzate anche finanziariamente le cure palliative e l’assistenza alle persone in gravi condizioni di malattia e iniziative per l’accompagnamento umano nella fine della vita. Serve più informazione sulla compilazione delle disposizioni anticipate sui trattamenti sanitari. Tutto questo è utile per evitare una recrudescenza delle richieste di suicidio assistito.
Dopo aver riferito sul nuovo reato e le ragioni per la sua introduzione, il documento ricorda altri punti delle leggi tedesche sul fine vita.
- L’autodeterminazione sui trattamenti, l’accettazione o il rifiuto, la sospensione di trattamenti sanitari sono materia di competenza del rapporto tra medico e paziente. Se il paziente sceglie di morire, la sua volontà diventa vincolante per il personale medico. Ogni protrazione di trattamenti contro la volontà del paziente è punibile, anche nel caso l’interruzione provocasse la morte
- Mentre il legislatore è riuscito a garantire l’autodeterminazione del paziente e simultaneamente la tutela della vita in base alla Costituzione cambiando il §217 del codice penale, dall’altra parte esiste il §216 c.p. che punisce l’omicidio su richiesta, quindi l’eutanasia attiva. Una condanna da parte della Corte di Cassazione del 1991: “Nemmeno con diagnosi infausta è giustificata la somministrazione della morte su richiesta, ma il morire va accompagnato con i mezzi della medicina antidolorifica e eventuali interruzioni di trattamenti sanitari anche se l’interruzione dovesse provocare la morte.” Quindi l’ interruzione, limitazione o non inizio di trattamenti sanitari richiesta dal paziente non è punibile.