Export di armi da guerra italiane triplicato: 2,9 miliardi di euro nel 2014, 8,2 miliardi nel 2015. Nella Relazione annuale alle Camere sulle autorizzazioni all’export, tanti omissis. 2.775 i nulla osta rilasciati, manca il dato più importante: i paesi destinatari. Per la prima volta l’Italia “non ha emesso dinieghi all’export”. Dunque nessuna vendita è stata vietata. Neanche i 3.600 fucili e le 3.000 pistole per le forze speciali di al-Sisi, le stesse accusate del sequestro e l’omicidio di Giulio Regeni.
Il “numero uno” di ENI Claudio De Scalzi dice cose interessanti, almeno per certi “circoli” di potere reale. Per esempio: “in Egitto, dove a Zohr abbiamo trovato uno dei giacimenti di gas più ricchi del mondo, già oggi rigiriamo il 100 per cento” al paese dove il giacimento è ubicato. Scelta costosa, ma così “creiamo legame con i paesi africani, partnership che rendono sostenibile la nostra presenza”. Sembra di sentire Enrico Mattei. E la Libia? “Alla Libia ENI fornisce il 100% del gas per generazione elettrica e il 50% per le utenze domestiche. Garantiamo energia a tutte le parti in causa”.
“L'Italia è pronta, team avanzati sono sul posto per ricognizioni, da fine maggio la task force si dispiegherà a protezione dei lavori sulla diga di Mosul, sul Tigri”, assicura il ministro della Difesa Pinotti. Partiti i primi 100, a breve saranno 450 i soldati altamente specializzati: “Pronti a restare fino a due anni, fino a che la diga sarà messa in sicurezza”. Pinotti garantisce che la presenza italiana “sul terreno” vicino alla zona controllata da Daesh non significa che si stia pensando di mandare aerei a bombardare l'Irak, come chiesto dagli americani. Però “svolgiamo missioni di ricerca e acquisizione di obiettivi, fondamentale per chi fa operazioni di attacco al suolo”.
Tutto chiaro, limpido; e si capisce la relazione.
Fonte: http://www.radicalparty.org/it/content/armi-egitto-libia-eni-irak-e-si-capisce-la-relazione [1]