Massimo Lensi, Maurizio Turco, esponenti del Partito Radicale:
Il Dubbio, 11 ottobre 2016.
Un tempo, non tanti anni fa, molti di noi si domandarono se l’Europa fosse morta a Sarajevo. Era il tempo atroce dei conflitti in ex-Jugoslavia sui quali l’Europa mostrò tutta la sua cecità. Nuovi totalitarismi e militarismi si erano annunciati a Srebrenica ed emersero, infatti, dalle ceneri di quelle guerre, aggiungendosi a quelli già esistenti. Già allora, noi radicali denunciavamo, inascoltati, il pericolo di nuove grandi tragedie ed eravamo consapevoli dei cruciali appuntamenti che si profilavano all’orizzonte: l'effetto serra e la devastazione ambientale; la fame di un miliardo e mezzo di esseri umani che avrebbero avuto a disposizione meno, molto meno, del minimo fisiologicamente necessario per sopravvivere; le migrazioni bibliche dai paesi più poveri verso quelli più ricchi; la necessità di superare definitivamente gli effetti disastrosi del socialismo reale; prevenire l'occupazione di intere città e perfino di Stati da parte della criminalità internazionale legata al traffico della droga proibita; la barbarie degli integralismi e dei totalitarismi religiosi e nazionali; la crisi del diritto, non solamente internazionale, e il crearsi di insopportabili divari e ingiustizie sociali nel cuore stesso della società opulenta.
E da quel passato ancora dobbiamo uscire se, oggi come allora non abbiamo imparato a difenderci, dalle politiche che spingono all’epurazione etnica e religiosa, né dalle politiche rinunciatarie e disordinate di una Europa che continua a tacere di fronte alle tragedie in corso, in Siria e in Libia, come nel cuore del continente,nelle repubbliche separatiste e filorusse di Donetsk e di Luhansk. Ad Aleppo, la città simbolo del ripetersi dell’ignavia europea, si continua a morire di bombe, di malattie, di fame e di sete. L’Europa, “disfatta e sull’orlo di un creativo fascismo” come sostiene Adriano Sofri, tace e quando può balbetta l’impudenza di una politica che non c’è, che si vuole costruita sulle macerie del passato, ma che non riesce a superarle, anzi ne crea di nuove. Ancora una volta, come per la tragedia ex jugoslava, un’Europa, vigliacca e gollisticamente divisa in patrie nazionalistico-burocratiche, è corresponsabile della previste e inevitabile tragedie, come quella che oggi coinvolge direttamente gli abitanti diAleppo.
E in questa Europa ignava fanno eco i movimenti pacifisti senza se e senza ma. La Marcia della Pace ha portato i pacifisti fino ad Assisi: dalla città del laico Capitini, e quella del santo Francesco. Una marcia che, però, di Aleppo nulla sa. Non esiste per i pacifisti la realtà siriana; la pace, si dice, si costruisce con la pace, ma quando la guerra annienta vite, è meglio per il pacifismo rifugiarsi nell’idea logora della stabilità internazionale.
A questa ignavia e a questo retorico pacifismo, oggi come allora noi non aderiamo. Oggi come allora, non ci rassegniamo a pagare il tributo di sangue, di non democrazia, di intolleranza, in nome dell’emergenza, dello stato di necessità e della ineluttabilità della guerra e della violenza. Parimenti, però, non ci associamo al pacifismo irresponsabile. Marco Pannella ha sempre sostenuto la necessità dell’uso della forza per difendere la vita. Lo sosteneva nel 1991 quando indossò la divisa dell’esercito croato a Osijek, la città aggredita dall’esercito serbo, e lo ripeteva quando metteva tutti in guardia dall’ipocrisia con cui, per assicurare la stabilità internazionale e difendere i diritti di libero sfruttamento del terzo mondo, si propagandava come necessario il sostegno regimi barbari e fascisti ai quali si chiedeva di garantire il massimo ordine interno dei paesi del sud.
Il dato comune, con cui oggi come allora ci chiedono di chiudere gli occhi, è il disprezzo della democrazia, ritenuta un lusso per i paesi sviluppati e non la condizione necessaria, pregiudiziale di ogni vero e possibile ordine. Una condizione che impone la responsabilità di anche di usare la forza per fermare la strage di popoli. Marco Pannella era un nonviolento, che di fronte alla morte in guerra di civili inermi ricordava che solo la nonviolenza politica costituisce la forma più avanzata e integra della tolleranza laica, su cui dovrebbe fondarsi la civiltà di una società e di uno Stato democratico. Se vuoi la libertà, usa la libertà. Se vuoi la pace, prepara la pace.
Come Pannella non si arrese, neanche noi oggi ci arrendiamo. Né di fronte alla passività di questa Europa che disconosce Schuman, Adenauer, De Gasperi e, soprattutto, i propri padri fondatori Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, né di fronte all’ideologia pacifista della stabilità internazionale.
Noi radicali del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartitico chiediamo all’Europa di promuovere urgentemente una politica comune agli Stati membri, volta all’intervento militare e umanitario ad Aleppo e in Siria, per interrompere la strage in corso di civili inermi, e di abbandonare definitivamente la pericolosa politica di negazione del federalismo, volta a rifare l’Europa delle patrie e non la Patria europea.Oggi, più che mai, serve un’Unione europea che incarni l’auspicio del manifesto di Ventotene: l’unità democratica d’Europa nell’unità democratica del mondo.
Fonte: http://www.radicalparty.org/it/content/aleppo-omissione-di-soccorso-da-parte-dell-europa [1]