
Non sono condivisibili le motivazioni con le quali il Tribunale dei Ministri ha archiviato il nostro esposto sui respingimenti dei potenziali richiedenti asilo attuati in questi mesi dal Ministro Maroni. Stupisce innanzitutto le modalità con le quali si è giunti all’archiviazione, senza cioè aver svolto alcun tipo di indagine, eppure la materia da noi sottoposta all’attenzione dei magistrati era ed è alquanto complessa, sicché ci saremmo come minimo aspettati che la Procura di Roma svolgesse ogni accertamento utile volto a stabilire dove e quando fossero state compiute queste operazioni, se in acque nazionali o internazionali, magari acquisendo i rapporti della Guardia di Finanza che aveva materialmente proceduto al respingimento forzato dei 227 migranti. Nulla di tutto questo è stato fatto; si è invece preferito percorrere la via sicuramente più comoda, quella per cui il respingimento è da considerarsi sempre e comunque “un atto politico non sindacabile in sede penale”. Al contrario noi continuiamo a ritenere che non sia affatto “irrilevante” dal punto di vista penale il comportamento di chi decide di riportare in Libia, con la forza ed in modo sommario, centinaia di extracomunitari senza prima aver accertato la loro identità e nazionalità, e quindi senza aver stabilito se queste persone – la gran parte delle quali proveniente dall’Eritrea e dalla Somalia, Paesi dove notoriamente sono in corso guerre e conflitti etnici - possono usufruire dello status di rifugiati politici o di richiedenti asilo. Si tratta di un comportamento che a giudizio di pressoché tutti gli osservatori internazionali rappresenta un abuso lesivo dei principi stabiliti non solo dal nostro ordinamento giuridico, ma anche da quello comunitario e internazionale e che di fatto rende praticamente impossibile l’accesso alla richiesta d’asilo politico da parte di persone che ne hanno diritto (e bisogno). Tanto più che i migranti, una volta saliti su una unità italiana, anche se in alto mare, sono da considerarsi in territorio italiano ed hanno pertanto il diritto di chiedere Lo status di rifugiato politico. Ciò detto, ci conforta sapere che la questione relativa alle liceità o meno della pratica dei respingimenti forzati non è stata certo chiusa oggi con questa decisione presa dal Tribunale dei Ministri, visto e considerato che su vicende analoghe attualmente pendono altre due inchieste, la prima aperta dalla Procure della Repubblica di Agrigento, l’altra da quella di Siracusa, a giudizio delle quali nei respingimenti sommari, collettivi e forzati, sarebbe ravvisabile il reato di violenza privata.
© 2009 Partito Radicale. Tutti i diritti riservati