
L’ennesimo crollo nell’area archeologica di Pompei è il frutto della gestione commissariale dei beni culturali, governata dalla logica dell’emergenza e degli affari. Agire con ordinanze che operano in deroga alle leggi ordinarie, svincolati da controlli e responsabilità, è un modello autoritario e criminogeno che riguarda sempre più aspetti della vita pubblica.
In questo caso, però, c’è un’altra verità che stenta a venire a galla: la politica dei beni culturali che marginalizza il patrimonio archeologico e, più in generale, il patrimonio artistico “non cattolico”.
Da anni, infatti, Governo ed enti locali riservano prevalentemente all’arte sacra ed ai beni ecclesiastici i fondi pubblici dedicati ai restauri e alla conservazione di monumenti. Non è un caso che gli ultimi tre Ministri –Bondi, Rutelli e Buttiglione- siano tra i politici più introdotti OltreTevere.
Così si spiegano i crolli di Pompei, delle Mura aureliane, della Domus Aurea, rischio che corrono da tempo il Palatino, Villa Adriana e tanti siti dell’epoca romana ed etrusca presenti in Italia, mentre il Colosseo che deve elemosinare l’intervento di sponsor privati.
Discriminare il nostro patrimonio archeologico è una scelta politica di carattere squisitamente clericale, convergente con l’ulteriore obiettivo di drenare verso il turismo religioso le ingenti somme legate ai viaggi motivati dall’arte.
Dichiarazione di Mario Staderini, Segretario di Radicali Italiani
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