Il Comitato vincitori/idonei del concorso per educatori penitenziari continua a sostenere l'azione di lotta non violenta della deputata radicale Rita Bernardini, in sciopero della fame dal 3 febbraio scorso, e di Irene Testa, Segretaria dell'Associazione Radicale il Detenuto Ignoto e membro della Giunta di Radicali Italiani, con diversi obiettivi, tra cui la richiesta che sia data rapida esecuzione alla mozione parlamentare approvata alla Camera l'11 gennaio, ove si prevede una riforma organica e non più rinviabile del sistema carcerario e affinche' la politica e le istituzioni facciano chiarezza sul caso della morte del giovane Marcello Lonzi, avvenuta presso il carcere Le Sughere di Livorno nel 2003,che per la seconda volta rischia, nei prossimi giorni, di venire archiviato senza che si siano individuate responsabilità, sul cui cadavere, ufficialmente morto di infarto, sono state riscontrate lesioni gravi e inspiegabili.
L'11 e 12 gennaio 2010 venivano discusse ed infine approvate dal parlamento e dal governo rappresentato dal ministro della giustizia Angelino Alfano tutte le mozioni sul problema penitenziario.Giova ricordare che in quella occasione il ministro assumeva un ben preciso impegno che è quello di darvi concreta attuazione,sancendo l'inizio di un nuovo percorso dapprima con la dichiarazione di emergenza di tutto il sistema penitenziario a cui avrebbe dovuto susseguirsi tutta una seria di nuovi atti necessari ad ottemperare a quanto detto per poter, nei tempi strettamente necessari, affrontare concretamente e efficacemente l’ormai ingestibile emergenza creatasi..
Purtroppo, a circa un mese dall'approvazione delle mozioni e dello stato di emergenza, nessun segnale ancor oggi giunge dal governo oltre a quello di un ipotetico piano carcere che si limita a prevedere solo la costruzione di nuove carceri e le assunzioni del personale di Polizia Penitenziaria.
E´ necessario, dunque, ricordare che sicuramente è urgente un ampliamento strutturale degli istituti di pena, visto l´esorbitante numero di detenuti e con esso il numero degli agenti di Polizia Penitenziaria -com´è nelle già dichiarate intenzioni del Ministro- ma non va dimenticato che il Piano Carceri, voluto dallo stesso Ministro Alfano, prevede uno straordinario ricorso alle misure alternative e senza l'assunzione di ulteriori unità di educatori, la procedura attuativa delle stesse certamente non potrà mai dare gli esiti sperati, poiché di tale intera procedura ne è artefice materiale proprio l’educatore.
Infatti su una popolazione carceraria, che peraltro nella giornata di ieri ha raggiunto un nuovo record nazionale, di circa 66.161 detenuti, stando a quanto emerge da uno studio condotto da Carcere Possibile Onlus, ad oggi il rapporto educatore/detenuto è di 1 a 1000; pertanto le possibilità che un educatore incontri un carcerato si attestano intorno a meno di una all’anno, tempo evidentemente altamente inadeguato e assurdo per costruire un progetto rieducativo serio e condiviso, così come risulta impossibile che, con tali tempi, gli educatori oggi in servizio abbiano occasione per seguire tale progetto rieducativo e partecipare ad esso con contributi mirati per renderlo effettivamente efficace. Ribadiamo, dunque, la nostra ferma convinzione che il Piano Carceri non può cominciare solo da un aspetto custodiale e strutturale, ma ha il dovere di affiancare immediatamente ad esso il principio costituzionale della rieducazione ovvero il Piano Carceri deve cominciare proprio dall’assunzione di ulteriori unità di educatori, grazie al lavoro dei quali beneficeranno, in termini di vivibilità e umanità, in primis i detenuti, ma anche tutti gli operatori penitenziari. In uno stato di emergenza del sistema carcerario non è possibile accettare che il Governo si limiti solamente all'assunzione di nuove unità di Polizia Penitenziaria dimenticando proprio la necessità di incrementare e di riportare alle effettive esigenze reali gli organici di quelle figure professionali che svolgono un ruolo centrale nell'attività di osservazione e trattamento dei detenuti e risultano essenziali per ridurre il numero dei suicidi, dei maltrattamenti, degli abusi generati dal sovraffollamento vertiginoso vissuto quotidianamente dai carcerati ed anche dagli agenti di Polizia Penitenziaria.
Perché non migliorare da subito la qualità della vita e le possibilità di reinserimento dei detenuti? Perché cominciare dalle strutture e non dalle persone?
Crediamo, dunque, che un Piano Carceri che abbia l’intenzione e la capacità vera di affrontare l’emergenza carceraria non possa trattare solo alcuni aspetti del problema, ma debba avere un approccio globale, che contemporaneamente, però, ponga al centro della sua azione realizzativa la componente umana, attraverso la messa in campo di competenze specifiche ed imprescindibili -per le funzione loro attribuite dalla legge- quali quelle che investono l’educatore penitenziario. Invitiamo, dunque, tutti gli operatori penitenziari ad aderire a tale iniziativa non violenta, poiché in un paese democratico e civile non è possibile che si giunga ad un livello tale di intollerabilità di presenze nelle carceri senza che lo Stato si interroghi immediatamente e concretamente sulle motivazioni che hanno generato una simile situazione che palesa l’evidente involuzione del compito affidato all’istituto di pena.
Pertanto, ci uniamo all’Onorevole Bernardini per chiedere l’immediata esecuzione della mozione sul carcere attraverso la messa in atto tutte quelle misure che tengano conto della complessità di equilibri, di processi e dinamiche che si celano dietro quelle sbarre, acquisendo quale assioma di partenza la funzione rieducativa e risocializzativa che il carcere deve essere in grado di fornire a chi lo vive, poiché chi varca il suo cancello è sì detenuto, ma continua ad essere persona dotata delle sue apicalità, dei suoi diritti e dei suoi doveri.
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