L’8 aprile scorso un tribunale cinese ha condannato a morte quattro persone in relazione a tre casi di “incendi fatali”, appiccati durante le rivolte del marzo 2008 a Lhasa, capitale della Regione Autonoma del Tibet. Due delle quattro condanne capitali sono state sospese per due anni. Gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli degli incendi di cinque negozi – ha detto un portavoce del Tribunale Intermedio del Popolo di Lhasa – in cui sette civili restarono uccisi. I condannati a morte sono stati identificati come Losang Gyaltse e Loyar, mentre Tenzin Phuntsog e Gangtsu sono stati condannati a morte, ma con pena sospesa. Una quinta persona, Dawa Sangpo, è stata condannata all’ergastolo.
Il 27 ottobre scorso le autorità cinesi hanno confermato che due giovani tibetani sono stati giustiziati nei giorni precedenti in relazione alle manifestazioni in Tibet che hanno preceduto le Olimpiadi di Pechino 2008: sarebbero appunto Lobsang Gyaltsen e Loyak.
Bruno Mellano, Presidente di Radicali Italiani, ha dichiarato:
Mi uniscono alla richiesta autorevole e spero ascoltata del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, affinché il Governo italiano intervenga, immediatamente, sulle autorità della Repubblica Popolare di Cina in riferimento alle esecuzioni a morte conseguenti alle manifestazioni di marzo 2008 a Lhasa.
Come radicali abbiamo chiesto e chiediamo con convinzione che l’Italia e l’Europa si attivino a livello internazionale per ottenere una ricostruzione fedele e corretta dei fatti che hanno sconvolto l’intero territorio del Tibet storico in occasione della repressione preventiva di ogni possibile contestazione delle Olimpiadi di Pechino.
Pechino, con queste tragiche esecuzioni di condanne a morte, crede di aver messo – letteralmente – una pietra tombale sulle richieste internazionali – del Partito Radicale Nonviolento, del Governo e del Parlamento tibetano in esilio, del parlamento europeo – perché si indaghi e si chiarisca la dinamica degli eventi del marzo 2008 in Tibet. I cinesi continuano a ripetere la loro versione ufficiale per la quale, nelle tensioni e negli scontri di piazza, sono rimaste uccise 19 persone, prevalentemente cinesi, e furono fermate circa 1000 persone mentre dalle notizie raccolte dal Governo tibetano in esilio e documentate alle istituzioni internazionali, si è trattato di almeno 200 morti, centinaia di feriti, più di 5000 arrestati, ad opera dei servizi di sicurezza cinesi. Pechino continua ad allungare la striscia del sangue tibetano versato in oltre 50 anni di dominio militare. Fino a quando?
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