La deputata radicale eletta nel Pd, membro della Commissione Giustizia, Rita Bernardini ha presentato un’interrogazione al ministro Alfano sul suicidio di Diana Blefari Melazzi nel carcere di Rebibbia e, più in generale, sulla piaga dei suicidi negli istituti di pena italiani.
Nel testo dell’interrogazione si legge, tra l’altro, che secondo gli avvocati della detenuta, Caterina Calia e Valerio Spinarelli, la loro assistita soffriva di una grave patologia psichica della quale loro stessi avevano più volte sollecitato il riconoscimento. Sul caso Blefari la deputata radicale si è dunque rivolta al ministro Alfano per sapere se intenda verificare la dinamica dei fatti e, in particolare, se nei confronti della donna siano state adottare le misure di sorveglianza previste e necessarie, così da verificare eventuali omissioni e responsabilità.
Rita Bernardini - anche in ragione della segnalazione da parte della direttrice del carcere di Rebibbia di altri casi di sofferenza psichiatrica che richiederebbero l’assunzione in carico da parte di strutture in grado di curare questi soggetti e vigilare sulla loro incolumità - ha poi chiesto al ministro se ritenga che persone così gravemente sofferenti dal punto di vista psichico debbano necessariamente scontare la pena all’interno di istituti non attrezzati per la cura di simili patologie.
Sull’evidente dramma generale dei suicidi in carcere – anche alla luce dei dati allarmanti diffusi da Ristretti Orizzonti, secondo cui un terzo dei centocinquanta decessi l’anno registrati in media nei penitenziari italiani avviene per suicidio e, dal mese di gennaio, si è già registrato un aumento del 30% di suicidi rispetto al 2008 – la deputata radicale ha sottolineato come una politica di fermezza verso il crimine di certo non escluda la garanzia di condizioni minime di vivibilità in carcere, nel rispetto di quanto sancito dalla Costituzione, soprattutto verso i più vulnerabili al rischio-suicidio come le persone sottoposte a isolamento o comunque a forme di inasprimento del regime detentivo. Bernardini ha dunque interrogato il ministro Alfano sui risultati acquisiti in passato dal monitoraggio avviato sui casi di suicidio in carcere dal Dap nell’anno 2000, chiedendo inoltre se il ministro non ritenga che l’alto tasso di suicidi dipenda dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno.
La deputata radicale, infine, ha chiesto di sapere come Alfano intenda affrontare la gravissima carenza dell’organico della polizia penitenziaria nel carcere femminile di Rebibbia (dove delle 164 agenti previste in organico solo 120 costituiscono la forza operante, mentre quelle effettivamente in servizio sono solo 101) e quali misure intenda attuare per arrestare il drammatico flusso di suicidi nelle carceri italiane.
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
Al Ministro della Giustizia
Per sapere - premesso che:
sabato 31 ottobre 2009, nel carcere di Rebibbia femminile, si è impiccata nella cella di isolamento in cui era detenuta Diana Blefari Melazzi, di anni 42;
Diana Blefari doveva scontare l’ergastolo per l’omicidio del Prof. Marco Biagi; la predetta condanna era stata confermata dalla Prima sezione penale della Corte di Cassazione lo scorso 27 ottobre;
dopo che la terrorista aggredì, nel maggio dello scorso anno, un agente di polizia penitenziaria, il Giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Roma, dott. Pierfrancesco De Angelis, lo scorso aprile, dispose una perizia psichiatrica per verificare la capacità di stare in giudizio e quella di intendere e di volere della Blefari. Secondo gli avvocati Caterina Calia e Valerio Spinarelli, difensori della detenuta, le condizioni psicologiche in cui versava la loro assistita dopo la condanna all'ergastolo si erano fatte particolarmente critiche;
secondo i difensori, la Blefari soffriva di una grave patologia psichica al punto che loro stessi avevano più volte sollecitato il riconoscimento di tale situazione. Al Corriere della Sera, l’avvocato Caterina Calia ha dichiarato quanto segue: “Siamo sotto choc, abbiamo fatto tante battaglie, abbiamo cercato in tutti i modi di far riconoscere il profondo disagio di Diana Blefari Melazzi. Ora è troppo tardi”;
secondo i dati forniti dal Centro Studi di Ristretti Orizzonti, da gennaio a fine ottobre 2009 negli istituti di pena italiani sono morti 146 detenuti, tra questi 59 si sono tolti la vita; in pratica in appena 10 mesi è stato superato il numero dei suicidi dell’intero anno 2008, registrando quindi un aumento del 30%;
sempre secondo quanto contenuto nel Dossier “Morire di Carcere” curato da Ristretti Orizzonti, in dieci anni 1.500 detenuti hanno perso la vita all’interno delle carceri: in pratica muoiono 150 detenuti all’anno; un terzo per suicidio e gli altri due terzi per “cause naturali” non meglio specificate;
in pratica il tasso dei suicidi all’interno degli istituti di pena registrato negli ultimi mesi è 25 volte superiore a quello che si registra nella popolazione italiana;
i dirigenti del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria hanno deciso di creare, nel corso dell’anno 2000, una unità di monitoraggio per l’esame analitico dei singoli casi di suicidio, al fine di comprenderne - ed auspicabilmente rimuoverne – le cause;
a giudizio dell’interrogante una politica di fermezza verso il crimine non esclude certo la realizzazione di un sistema carcerario che, dovendo essere costituzionalmente finalizzato al recupero ed al reinserimento del detenuto, deve poter offrire una condizione minimale di vivibilità, soprattutto nei confronti di quei gruppi vulnerabili al rischio-suicidio come le persone sottoposte a isolamento o comunque a forme di inasprimento del regime detentivo;
evidenziato che il grave problema delle morti e dei suicidi all’interno delle strutture penitenziarie deve essere tenuto in alta considerazione da parte del Ministero della Giustizia, atteso che la vita, la salute e, più in generale, il benessere fisico e psichico delle persone che si trovano in stato di privazione della libertà personale sono elementi che meritano una specifica attenzione ed un costante impegno giusto quanto disposto dallo stesso Ordinamento Penitenziario;
nel carcere di Rebibbia femminile, secondo i dati forniti all’interrogante dalla Direttrice Lucia Zainaghi in occasione della visita del 1° novembre 2009, delle 164 agenti previste in organico solo 120 costituiscono la forza operante, mentre quelle effettivamente in servizio sono solo 101
sempre secondo quanto riferito dalla Direttrice all’interrogante, nell’istituto ci sono altri casi di sofferenza psichiatrica che richiederebbero l’assunzione in carico da parte di altre strutture in grado di curarle e di poter vigilare sulla loro incolumità:-
se intenda verificare il modo in cui si sono svolti i fatti per appurare se nei confronti di Diana Blefari Melazzi siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell’Amministrazione dell’istituto;
se ritenga che persone così gravemente sofferenti dal punto di vista psichico debbano necessariamente scontare la pena all’interno di istituti non attrezzati per la cura di simili patologie;
quali siano i risultati acquisiti in passato dal monitoraggio avviato sui casi di suicidio in carcere dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria;
se non ritenga che l’alto tasso di suicidi in carcere dipenda dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno, soprattutto per quanto riguarda le persone sottoposte al regime di isolamento o comunque ad altre forme di inasprimento del regime detentivo;
in che modo intenda affrontare la gravissima carenza dell’organico della polizia penitenziaria nel carcere femminile di Rebibbia;
quali misure intenda mettere in atto per arrestare questo drammatico flusso di morte che si manifesta dentro le carceri italiane con l’alto numero dei suicidi.
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