
Dichiarazione di Riccardo Magi, presidente di Radicali italiani e consigliere comunale a Roma:
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"In queste settimane abbiamo seguito la delibera sul patrimonio convinti che la dismissione degli immobili del comune di Roma che non abbiano un ruolo e un valore strategico sia la cosa più opportuna e che vada fatta tentando di massimizzare gli introiti. Due settimane fa, quando questo provvedimento è stato incardinato in aula, i massimi attori politici capitolini, inclusi sindaco e assessore, di maggioranza ma pure di opposizione, erano convinti che applicare lo sconto del 30% fosse un obbligo di legge. Noi abbiamo dimostrato che non era così e quindi ne abbiamo ottenuto l'abolizione, sollevando da Radicali, quindi in modo costruttivo, anche altre questioni centrali attraverso emendamenti fortemente migliorativi della delibera: dall’eliminazione totale dello sconto ai conduttori, al diritto di prelazione al prezzo uscito dall’asta e non di opzione, all’abbattimento del 10% del prezzo dopo la prima asta deserta. Il modo, però, in cui sono stati recepiti rappresenta un compromesso al ribasso che non mette l’amministrazione a riparo da ricorsi, tutt’altro".
"Abbiamo poi chiesto un impegno politico esplicito e chiaro che fosse un segnale inequivocabile di come l'amministrazione intenda affrontare l’opacità delle concessioni del patrimonio in cui da decenni si annidano i poteri più clientelari della Città: un giro di affari che di fatto finisce per creare attività che operano in concorrenza sleale nel campo del sociale, culturale, fino a quello della ristorazione".
"Abbiamo chiesto la revisione di tutte le concessioni, a partire dalla revoca delle sedi che attualmente sono concesse a partiti e sindacati che sono tra i soggetti che in Italia hanno i patrimoni immobiliari più grossi, dunque non si comprende perché debbano ricevere da un'amministrazione in difficoltà come Roma un aiuto del genere. E non conta quante siano le sedi regalate ai partiti, conta invece il modo in cui si concepisce e vive il rapporto tra amministrazione e politica. Per questo abbiamo avanzato anche una proposta: invece di lasciare all'amministrazione comunale la scelta dei soggetti cui regalare una sede. Il comune deve avere delle sedi in tutti i municipi che attrezza con dei servizi, connessione internet, un minimo di attrezzatura per proiezioni e incontri pubblici, aperti a tutti i soggetti sociali, civici e politici. Un uso condiviso anziché esclusivo e clientelare. Il presidente della Commissione Patrimonio Pedetti si è espresso chiaramente contro questa proposta, rivendicando la scelta di sedi pubbliche ai partiti. Una visione alla Don Camillo e Peppone, cioè sostanzialmente di parastato. È ovvio infatti che se deve scegliere l'amministrazione, le sedi continueranno ad essere affidate alle realtà più vicine al potere. Da parte del sindaco Marino e l'assessore Cattoi non è venuto un impegno esplicito e pubblico in questa direzione".
"Per questi motivi e altri motivi espressi nei giorni scorsi ho ritenuto di votare contro questa delibera. Vogliamo continuare a dare il nostro apporto come sempre costruttivo e propositivo sperando che anche nella maggioranza si possa aprire un dibattito serio su questi punti".
"Mi si vive e accusa di essere troppo polemico sempre e comunque. Forse se negli anni passati ci fossero state più persone polemiche e quelle poche fossero state più ascoltate le istituzioni capitoline non sarebbero nello stato di degrado in cui si trovano ora".
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