
Dichiarazione di Giulio Manfredi e Igor Boni, rispettivamente segretario e presidente Associazione radicale Adelaide Aglietta:
"La prima guerra jugoslava scoppiò nel 1991 in Slovenia, la più “europea” delle repubbliche jugoslave; il serbo Milosevic, di fronte alla sollevazione generale del popolo sloveno, decise di ritirare le truppe dell’armata federale; fatti i debiti distinguo, la stessa decisione presa da Putin nei confronti dell’Ucraina, dopo la “rivoluzione” di Piazza Majdan a Kiev. Poi, vent’anni fa, si ribellarono la Krajna serba all’interno della Croazia e i serbi di Bosnia Erzegovina, guidati da Karadzic e Mladic. E Milosevic mandò le truppe federali in loro aiuto, come ha fatto Putin inviando soldati in Crimea. Poi Milosevic ritirò le truppe regolari e appoggiò i serbi di Croazia e Bosnia in maniera nascosta, con istruttori, rifornimenti e milizie irregolari (i famigerati iBerretti Rossi’ del ministero degli Interni, Arkan e le sue "Tigri"...); lo stesso appoggio fornito ora da Putin alle milizie filorusse del Donbass".
"La discussione attuale è se armare o meno gli ucraini; venti anni fa si discuteva se armare o meno i bosniaci assediati a Sarajevo".
"E purtroppo identico è il ruolo svolto dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea; venti anni fa gli Usa rimasero a lungo alla finestra a contemplare un’Unione Europea imbelle e inerte di fronte ai massacri; poi, nel 1995, Clinton intervenne, Sarajevo fu liberata e si arrivo’ agli accordi di Dayton".
"Oggi solo Obama tiene testa a Putin, mentre Hollande e Merkel vanno in visita a Mosca e fanno, volenti o nolenti, il gioco di Putin".
"Siamo ben consapevoli che le similitudini finiscono qui; alla fine delle guerre jugoslave, Milosevic fu detronizzato dal suo stesso popolo e finì i suoi giorni nel carcere del Tribunale dell’Aja; Putin difficilmente sarà chiamato a rispondere davanti alla giustizia internazionale per i suoi crimini di guerra e contro l’umanità in Cecenia, Georgia e Ucraina (ma c’è anche la morte per polonio del cittadino inglese Aleksandr Litvinenko, gli omicidi della giornalista Anna Politkovskaja e di Antonio Russo di Radio Radicale …)".
"Proprio perché le differenze pesano, questo momento per l’Unione Europea è ancora più cruciale. Vent’anni fa i radicali ammonivano: l’Europa nasce o muore a Sarajevo. Oggi cambia solo un nome: l’Europa nasce o muore a Donetsk, in Ucraina".
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