
Fonte Il Quotidiano della Basilicata, 7 febbraio 2014 [2]
Di Maurizio Bolognetti, Direzione Nazionale Radicali Italiani e Consigliere Associazione Coscioni
Mentre nei palazzi della Regione fischia il vento e infuria la bufera, una notizia, che di già qualcuno vorrebbe rubricare alla voce “allarmismo”, rende a dir poco inquieti. Nella Basilicata Saudita finalmente il carburante ci arriva direttamente a casa, basta aprire il rubinetto. A Tito, piccolo centro in provincia di Potenza, analisi effettuate dall’Agenzia regionale per l’ambiente confermano la presenza di idrocarburi nell’acqua che sgorga dal rubinetto delle abitazioni. Acqua agli idrocarburi!!!
Succede a Tito, la cui zona industriale rientra tutt’ora tra i siti di bonifica di interesse nazionale e nel cui territorio sono state stoccate migliaia di tonnellate di fanghi industriali nella famigerata vasca fosfogessi. Una bomba ecologica la vasca ubicata nell’area ex-liquichimica, dove a detta del sindaco Pasquale Scavone sarebbero stati stoccati anche fanghi provenienti dalle attività di estrazione idrocarburi. Il primo cittadino di Tito ebbe a sostenerlo in un’intervista che realizzai nel gennaio 2010 per Radio Radicale.
Sempre a Tito troviamo poi la plastica rappresentazione della fallimentare gestione del ciclo dei rifiuti, in una terra che vanta la metà degli abitati di Napoli. Sto parlando di quell’autentica barzelletta che risponde al nome di “Stazione di trasferenza”. Praticamente un parcheggio per la monnezza dove vengono convogliati i rifiuti di decine di comuni in attesa di uno smaltimento emergenziale e, come abbiamo avuto modo di scoprire, illecito.
Come se non bastasse, al quadretto affatto idilliaco si aggiunge la contaminazione delle falde prodotta dalla Daramic, i rifiuti della Ferriera e, ciliegina sulla torta, il percolato proveniente dalla dismessa discarica di Rsu di Aia dei Monaci.
La presenza di idrocarburi nell’acqua che arriva sulle tavole dei Titesi è un fatto di una gravità inaudita; di più, un crimine, un attentato alla salute.
Oggi, ora, subito, Acquedotto lucano dovrebbe spiegarci perché le analisi, che pure dovrebbe effettuare sulla qualità delle acque, non hanno rilevato la presenza di un pericoloso contaminate.
Soprattutto ci chiediamo da quanto tempo alcuni, e si spera non tutti, cittadini di Tito bevono acqua agli idrocarburi e cucinano e si lavano con la stessa acqua.
A Tito, gioverà ricordarlo, sono tutt’ora in vigore due ordinanze di divieto di utilizzo dell’acqua dei pozzi.
Sulla vicenda del Sin di Tito c’è materiale a sufficienza per spingere la Procura della Repubblica di Potenza ad aprire un’inchiesta avente come ipotesi di reato il disastro ambientale.
Nel contempo mi chiedo quale sia stato il destino dei due esposti che proprio sulla vicenda Tito depositai in Procura nel 2009.
© 2014 Partito Radicale. Tutti i diritti riservati