
Dichiarazione di Rita Bernardini, già deputata radicale
È una ridicola sceneggiata quella che è stata messa in atto da Fratelli d’Italia, Lega e Movimento 5 Stelle contro il disegno di legge sulle pene alternative licenziato oggi dalla Camera. Soprattutto perché il provvedimento non è in alcun modo adeguato a risolvere il problema per il quale lo Stato italiano si presenta al cospetto dell’Europa come uno Stato canaglia perché sottopone in modo strutturale le persone private della libertà a trattamenti inumani e degradanti. A dirlo ormai non sono più solo Marco Pannella e i radicali, ma la stessa ministra Cancellieri, secondo la quale l’amnistia (quella vera, quella prevista dall’art. 79 della Costituzione) è “imperativo categorico morale” di fronte alla situazione fuorilegge che le hanno lasciato governi e parlamenti passati.
Ascoltare Ignazio La Russa che grida all’incostituzionalità definendo il provvedimento un’amnistia e minacciando di promuovere un referendum abrogativo e di ricorrere alla Corte Costituzionale, dà la misura della messinscena apparecchiata dalle sopracitate “opposizioni” parlamentari. Del resto, non potevo minimamente sospettare che il “camerata” Ignazio Benito La Russa avesse così o cuore la Costituzione italiana della quale però sembra ancora ignorare alcuni articoli e commi fondamentali, come il comma 4 dell’articolo 13 per il quale è punita ogni violenza fisica e morale nei confronti delle persone sottoposte a restrizioni della libertà e il comma 2 dell’art. 27 secondo il quale “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Quanto alla sbandierata “sicurezza”, oltre al fatto che tutte le statistiche indicano con certezza il crollo della recidiva per i detenuti che accedono alle misure e alle pene alternative rispetto a coloro che scontano tutta le pena in carcere, mi piacerebbe porre una domanda a La Russa. Si sente più sicuro se i 10.263 (*) detenuti che devono scontare come pena residua meno di 12 mesi continuino ad essere torturati nelle patrie galere o se invece escano ai domiciliari o magari per svolgere un lavoro di pubblica utilità, risarcendo così almeno in parte la collettività?
(*) dati Ministero Giustizia al 30 giugno 2013.
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