
Il finanziamento pubblico dei partiti va abolito perché è criminogeno, corrompe la politica e riduce il tasso di democraticità interna perpetuando il potere di chi detiene i cordoni della borsa. 31 milioni di italiani lo avevano già capito nel 1993, per questo votarono si al referendum presentato dai Radicali e poi tradito da tutti gli altri.
Oggi come allora serve un principio chiaro: non un euro pubblico agli apparati dei partiti, che si devono autofinanziare in modo trasparente con le donazioni di iscritti e simpatizzanti. Allo Stato, invece, spetterà di garantire a tutti i cittadini, non solo ai partiti, i servizi necessari per fare politica.
In realtà, la scelta è tra due modelli opposti di intendere il rapporto tra Stato e cittadini, ed è collegata al sistema elettorale.
Da una parte il modello che considera i partiti come un pezzo dello Stato, basato sul finanziamento pubblico e sul sistema elettorale proporzionale; dall’altra il modello che mette al centro la persona, l’eletto, che si fonda su finanziamenti privati, collegi uninominali e sistema maggioritario.
Non è un caso che nel 1993 gli italiani, insieme al finanziamento pubblico dei partiti, votarono in massa anche il referendum radicale che aboliva il sistema proporzionale a favore di quello maggioritario basato sul collegio uninominale.
Dichiarazione di Mario Staderini, Segretario di Radicali italiani.
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