
Di Maurizio Bolognetti, (al 16esimo giorno di sciopero della fame a sostegno dell’iniziativa nonviolenta di Rita Bernardini e Irene Testa per ribadire la necessità di un provvedimento di amnistia per porre subito fine all’illegalità in cui versa la giustizia italiana e la sua appendice carceraria).
Siamo alle solite. Quelli dell’Agenzia regionale per l’ambiente proprio non riescono a metabolizzare fino in fondo un semplicissimo concetto: è un diritto dei cittadini poter conoscere i dati dei monitoraggi ambientali.
Una volta di più veniamo a conoscenza della tutt’ora disastrosa situazione del Sito di bonifica di Tito Scalo non attraverso documenti e dati sui monitoraggi pubblicati da Arpab o dal Dipartimento ambiente della Regione, ma solo perché erroneamente il Ministero dell’Ambiente indirizza una lettera al Comune di Tito, identificandolo come soggetto attuatore di una bonifica che nonostante i milioni di euro stanziati tarda a decollare.
Nella sopra citata missiva ministeriale tocca leggere che un cocktail di veleni continua ad inquinare le falde acquifere e il torrente Tora, affluente di uno dei più inquinati fiumi di’Italia: il Basento.
Il 12 settembre 2012, il Ministero scrive che è necessario “implementare e rafforzare le misure di messa in sicurezza d’emergenza”.
Necessità più volte ribadita, scrivono quelli di Via Cristoforo Colombo. Ed è vero, perché a leggere i verbali delle Conferenze di servizio istruttorie e decisorie l’emergenza si è ormai cronicizzata e i veleni hanno contaminato tutte le matrici ambientali.
Resta la domanda: come mai l’Arpa lucana non ha divulgato i dati di cui sopra, dai quali emerge la presenza nelle acque del Tora di trielina, tricloroetano, dicloroetilene, bromodiclorometano, dicloropropano e solfati?
All’Ing. Vita tocca ricordare una volta di più la Convenzione di Aarhus, che tra l’altro recita: “Un ampio accesso alle informazioni e una maggiore partecipazione ai processi decisionali migliorano la qualità delle decisioni e ne rafforzano l’efficacia, contribuiscono a sensibilizzare il pubblico alle tematiche ambientali e gli consentono di esprimere preoccupazioni, permettendo alle pubbliche autorità di tenerne adeguatamente conto”.
Non è possibile che lo scambio di informazioni su quanto accade nei due siti di bonifica di interesse nazionale presenti in Basilicata continui ad essere cosa riservata a pochi eletti. L’informazione ambientale è un diritto e non una gentile concessione fatta al popolo bue.
All’ing. Vita chiediamo di mettere in rete sul sito dell’Arpab tutte le informazioni sullo stato di contaminazione delle matrici ambientali dei Sin di Tito e della Val Basento. Analogo invito rivolgiamo ai sindaci.
Se parlando della questione giustizia-carceri invitiamo il nostro Stato a rispettare la sua propria legalità, analoga richiesta va avanzata sul tema della tutela ambientale.
Non a caso, a luglio 2012, contro il nostro paese risultano aperte 27 procedure d’infrazione per il mancato rispetto di direttive comunitarie.
La verità è che sia che si parli della questione giustizia-carceri, sia che si parli di ambiente e tutela della salute la musica non cambia: siamo uno “Stato canaglia”, dove spesso ai controlli si sostituisce il conflitto d’interesse e dove la gente crepa in silenzio, vittima di veleni legalizzati.
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