
CONDIVIDIAMO QUANTO DETTO DALL’ON. CAZZOLA.
Dichiarazione di Michele De Lucia, tesoriere di Radicali italiani:
Lo stop dato il 9 ottobre dalla Ragioneria Generale dello Stato al ddl Damiano sugli esodati per mancanza di copertura finanziaria è importantissimo, perché evita che la riforma delle pensioni venga smontata “al buio”, a poche settimane dalla sua approvazione, dagli stessi che l’hanno votata, con il conseguente, totale azzeramento della (residua) credibilità internazionale del nostro Paese.
La demagogia - specie quella da campagna elettorale - ha il naso lungo e le gambe corte: proporre misure “tanto belle”, ma prive di copertura finanziaria, significa prendere in giro la gente. Chi propone un provvedimento ha il dovere di dire con quali strumenti e risorse pensa di realizzarlo davvero, altrimenti quella proposta non vale niente.
Per questo sottoscriviamo quanto dichiarato oggi dal vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera, on. Giuliano Cazzola (“Quella degli esodati è una brutta pagina: siamo venuti in Aula con un progetto di legge con una copertura finta, in cui si parla di 5 miliardi quando i miliardi sono 30, nei prossimi 10 anni (...), questo non è un gesto responsabile”), e siamo da subito pronti a intraprendere iniziative parlamentari comuni.
È il caso di ricordare che i protagonisti della vicenda di oggi, la Cgil e Cesare Damiano, lo sono stati anche in occasione del Protocollo del luglio 2007. Allora lo “scalone” di Maroni venne sostituito con dei più blandi “scalini” e, per continuare a consentire di andare in pensione a 58-59 anni, si fece un’operazione da dieci milliardi di euro. La metà fu reperita attraverso l’aumento delle aliquote contributive in capo agli iscritti alla Gestione Separata dell’Inps, ovvero a spese di precari, parasubordinati e autonomi non iscritti a ordini professionali, condannati ad andare in pensione non prima del settantesimo compleanno. Una trovata da manuale dell’ingiustizia sociale, che vide tra i suoi massimi sponsor anche in quel caso la Cgil e l’allora ministro del Lavoro, che era proprio - guarda un po’ - Cesare Damiano. Risultato: il sistema non poteva tenere, non ha tenuto, e in capo a cinque anni si è reso necessario lo “scalonissimo” della riforma Monti-Fornero. Se nel ’95 la riforma Dini fosse andata immediatamente a regime, come noi Radicali cercammo di ottenere promuovendo dei referendum nel 1997 e nel 1999, almeno una parte dei sacrifici di oggi si sarebbe potuta evitare.
Domandina: il PD pensa di governare in futuro l’Italia con le proposte “alla Damiano” o con quelle, serie e avanzate, del senatore Pietro Ichino?
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