
Di Maurizio Bolognetti
Sarà che sono cresciuto a pane e legal thriller, sarà che ho una visione romantica di quello che dovrebbe essere e rappresentare un’aula di giustizia, ma ogni volta che mi trovo a frequentare un tribunale italiano ho come l’impressione di trovarmi in una sorta di mercato delle pulci. Luoghi in cui la parola giustizia viene quotidianamente vilipesa.
Lunedì 1 ottobre, ore 9.00, a Potenza dovrebbe andare in onda l’ennesima puntata del processo a mio carico per violazione del segreto d’ufficio in relazione alla vicenda dell’inquinamento della diga del Pertusillo.
La Procura della Repubblica parla di violazione di segreto e io insisto ad affermare che ho applicato la legge, sostituendomi a pubbliche amministrazioni inadempienti e dedite ad occultare ciò che è diritto dei cittadini poter conoscere. Tradotto, ritengo di aver onorato e applicato l’art. 5 comma C della Convenzione di Aarhus recepita dall’Italia con la legge 108/2001 e l’art 3-ter del Codice dell’ambiente, meglio noto come “Principio dell’azione ambientale”, che recita: “La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché al principio "chi inquina paga" che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale”.
Ore 9.00, l’aula M.Pagano è stracolma, l’atmosfera è quella di un suk in un’ora di massimo afflusso. Sulla porta dell’aula l’elenco dei procedimenti che dovrebbero essere celebrati, tra questi un maxi processo istruito dalla DDA di Potenza. Il mio avvocato, Vincenzo Montagna, mi ha preventivamente avvertito di non farmi illusioni: la prima udienza è interlocutoria. La cosa non mi va a genio. Questa storia, penso, va avanti da troppo tempo e io voglio difendermi da un’accusa che ritengo lunare.
Prima di arrivare a Potenza, una volta di più, ho voluto sottolineare il fatto che ad oggi, di fronte all’inconfutabile inquinamento di uno dei più importanti invasi d’Italia, confermato perfino dal Ministro della sanità Renato Balduzzi, gli unici indagati sono coloro che lo hanno denunciato. Vincenzo mi illustra la linea difensiva e prova a scherzare, promettendomi che non mi farà andare in galera. Non rido, anzi ripenso a quanto avvenuto nel marzo del 2010 e ancora prima, a gennaio. Penso all’ex assessore Santochirico e una volta di più vorrei chiedergli ragione di quella incredibile e falsa accusa di “procurato allarme” che ebbe a vomitarmi contro. In un paese normale, uno come Santochirico non siederebbe ancora nei banchi del Consiglio regionale.
Alla luce di quanto mi ha detto il mio avvocato penso: faremo presto, tanto si tratta solo di stabilire la data dell’udienza. Niente di tutto questo.
Quando nel suk entra il collegio giudicante una serie di procedimenti viene immediatamente rinviata, ma non il mio. Con un po’ di sorpresa vedo che nell’aula inizia il dibattimento dedicato al maxiprocesso. Ogni tanto vengo raggiunto da qualche parola. A un certo punto mi incuriosisce la citazione di un processo denominato “Arma letale”. Inevitabilmente penso a Mel Gibson e mi chiedo se ci sia stato un seguito.
Passano le ore e incredibilmente veniamo chiamati alle 14.00. Cinque minuti, il tempo di qualche formalità di rito e il giudice, il dottor Gubitosi, ci comunica che l’udienza è aggiornata al 15 aprile 2013.
Morale della storia: abbiamo aspettato oltre 5 ore per l’ammissione dei mezzi istruttori e per sapere che il dibattimento si dovrebbe tenere tra circa sei mesi. Il condizionale, in un Paese come il nostro, è d’obbligo.
L’andazzo è questo, quello che poi si traduce in quella irragionevole durata dei processi che ci procura da 30 anni condanne da parte della Corte di giustizia europea; che si traduce in decine di migliaia di procedimenti che finiscono prescritti ogni anno e in giustizia negata per vittime e imputati. Intanto qualcuno marcisce al fresco in carcerazione preventiva, ci sono vittime che non avranno giustizia e tutto questo Paese, soffocato dall’assenza di democrazia e Stato di diritto, continua a imputridire.
Ci sarebbe il supremo garante della legalità costituzionale e del diritto, ci sarebbe il Presidente Napolitano, ma per lui, a quanto pare, la “prepotente urgenza” era solo una temporanea sregolatezza nella routine di un regime che ha assassinato il diritto e i diritti ad iniziare dall’einaudiano diritto a poter conoscere per deliberare.
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