
Di Maurizio Bolognetti, Direzione Radicali Italiani e segretario Radicali Lucani
L’aria frizzante delle imminenti elezioni inizia ad inebriare le menti e, come al solito, il Sen. Felice Belisario gonfia il petto e tira fuori dal polveroso armadio qualche tema: un mezzo kilo di legalità e qualche proclama standard modello 21. Qualche parola nuova e il gioco è fatto. Eccolo pronto a un nuovo duro impegno in difesa della Basilicata. Il gabbiamo spiega le ali e inizia ad assumere l’aspetto del condor. La tattica è la solita - sempre la stessa da almeno tre lustri - e fino ad oggi ha reso discretamente. Si minaccia il ricorso a qualche operazione di pulizia etnica e si insinua qualche dubbio. Il solito Felice, simpatico, guascone e tremendamente prevedibile.
Questa volta, però, indossa anche la casacca del Copasirre. Belisario straparla e dimentica che un referendum radicale aveva abolito il finanziamento pubblico. Parla e ovviamente non proferisce verbo sull’Italia “Stato canaglia” in materia di giustizia. Non un fiato su 30 anni di condanne figlie della reiterata violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. E’ l’irresponsabilità di chi pur di mostrarsi duro e puro - non si sa su cosa - preferisce avallare l’Italia dell’ “amnistia clandestina e di classe” e continuare a dire niet all’amnistia prevista dall’art. 79 della Costituzione. Ovviamente, non un fiato sulla lettera inviata da 120 costituzionalisti e penalisti al Presidente Giorgio Napolitano: quella sì piena di senso dello Stato e di amore per la legge e il rispetto delle regole e del dettato costituzionale. Non so se la politica regionale stia tremando, ma a Felice vorrei suggerire di cambiare copione. Giocare a poker a carte scoperte di solito non paga. Conservo la speranza che un giorno l’avvocato Belisario comprenda davvero cosa significhi avere amore per la legalità e rispetto dello Stato di diritto…sempre e comunque anche a costo di rischiare l’impopolarità per non essere antipopolari.