
Amnistia riforma strutturale per affrontare la bancarotta della Giustizia: Dal 18 al 22 luglio, 4 giorni di nonviolenza, di sciopero della fame e di silenzio.
Di Maurizio Bolognetti, Direzione Radicali Italiani e Segretario Radicali Lucani
C’è una prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile a cui occorre dar corpo con opere e azioni. C’è, per dirla con Marco Pannella, la necessità, l’urgenza di interrompere un’ultra trentennale “flagranza di reato contro i diritti umani e la costituzione repubblicana”. Per chi non lo avesse ancora capito, la questione giustizia con il suo putrido percolato rappresentato da carceri indegne di un paese civile è questione che attiene il rispetto del dettato costituzionale e il rispetto di convenzioni internazionali quali la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo.
Forse non ci sarà un giudice a Berlino, ma di certo ci sono oltre cento costituzionalisti e penalisti che hanno sottoscritto una lettera/appello redatta dal Prof. Andrea Pugiotto e indirizzata al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Nella lettera, promossa dal Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, si chiede al Presidente della Repubblica, in qualità di garante della legalità costituzionale, di inviare un messaggio alle Camere “affinché il Parlamento eserciti finalmente le proprie prerogative per dare una contestuale risposta, concreta e non più dilazionabile, sia alla crisi della giustizia italiana, che al suo più drammatico punto di ricaduta: le carceri”.
I firmatari dell’appello hanno scritto che occorre “trasformare la crisi della giustizia e delle carceri in una opportunità di cambiamento strutturale” e che affrontare la questione giustizia-carceri “è, per il Parlamento, un vero e proprio obbligo costituzionale”.
Un obbligo che deriva dalla constatazione che il nostro Stato, la nostra Repubblica, non rispetta la sua propria legalità, arrivando ad essere rispetto al diritto, ai diritti, alla Costituzione e alle Convezioni internazionali un delinquente abituale, anzi un delinquente professionale.
E sono gli stessi costituzionalisti in un testo, che come ha giustamente detto Marco Pannella è uno “straordinario documento culturale, scientifico e politico”, a ricordarci che “la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo vede l’Italia reiteratamente condannata per le sistematiche violazioni dell’art. 6 CEDU, sotto il profilo della durata non ragionevole dei suoi processi” e che “analogamente, sono già più d’una le condanne dell’Italia per l’accertata violazione dell’art. 3 CEDU, sotto il profilo delle condizioni inumane e degradanti cui sono stati costretti in carcere alcuni detenuti”.
Per dirla con i professori: “tutto questo già si traduce in una attuale violazione della Costituzione italiana”.
È questa la flagranza di reato contro i diritti umani e la Costituzione di cui da tempo parla Marco Pannella. È questa la prepotente urgenza invocata e poi dimenticata – ahimè - dallo stesso supremo garante del legalità costituzionale.
È questo il “j’accuse” dei direttori del Sidipe, che mesi fa affermavano: “siamo stati in verità ricacciati negli angoli più bui di uno Stato che non sembra in grado di mantenere fede agli impegni ed alle promesse solenni celebrate nelle sue leggi”.
Non vorremmo che le voci che si sono levate in questi mesi restino “Urla del silenzio”. Voci travolte dal dibattito che non c’è.
Abbiamo bisogno di verità; è necessario poter spiegare perché andiamo ripetendo come un mantra che la questione giustizia è la più grande questione sociale che c’è in questo nostro paese.
Ne siamo certi, gli italiani, se adeguatamente informati, capirebbero che occorre un’amnistia per questa nostra Repubblica.
Marco Pannella, nel corso dell’ultima puntata di Radio Carcere, ha citato ancora una volta Hannah Arendt e la banalità del male.
Ed è questo che dobbiamo combattere: la banalità di un “male” che ci sta consumando e che fa sì che il disastro, la bancarotta della giustizia, i suicidi di detenuti e agenti, l’illegalità nemmeno vengano percepite.
La banalità del male è quella che esplode prepotente nelle parole espresse da Adolf Eichmann a Gerusalemme, quando nel parlare di un suo viaggio a Bratislava racconta di una partita a bocce, ma non della ragione di un viaggio nel quale venne discussa l’evacuazione degli ebrei slovacchi. Quando il giudice istruttore glielo ricorda, Eichmann afferma “è vero, è vero, era un ordine di Berlino non mi mandarono là per giocare a bocce!” Ed è quanto mai significativo il commento della Arendt all’episodio: “Aveva mentito due volte con gran coerenza? Probabilmente no. Evacuare e deportare ebrei era ormai un lavoro comune, per lui, e le cose che si erano impresse nella sua mente erano il gioco delle bocce, il fatto di essere stato ospite di un ministro, la notizia dell’attentato ad Heydrich”. La banalità del male, appunto.
Qualche giorno fa Marco Pannella ha annunciato 4 giorni di mobilitazione straordinaria. Quattro giorni di nonviolenza, di sciopero della fame e di silenzio. Di silenzio – ha chiarito Pannella – “come nelle chiese di un tempo… di silenzio e di raccoglimento”.
Silenzio per tentare di innescare una riflessione collettiva. Silenzio per pensare e per riflettere su quanto di grave accade in questo paese e ci accade. Un silenzio che possa esplodere e rompere, si spera, il muro che fino ad oggi ha impedito al Parlamento di affrontare la questione giustizia.
Lo stesso Pannella, rispondendo ad una sollecitazione di Valter Vecellio, ha parlato di “una settimana di lotta per una radicale riforma di struttura della infamante giustizia italiana che è – ha detto - in termini tecnici causa di una condizione letteralmente criminale dello Stato e della Repubblica Italiana”.
Insomma, 4 giorni di mobilitazione per l’amnistia e la riforma della giustizia e a sostegno della lettera/appello firmata da oltre cento costituzionalisti e penalisti.
Una lettera che “ci ha ridato ulteriormente il senso della urgenza necessaria e possibile per la nostra battaglia per la grande Riforma della Giustizia, riforma strutturale che può essere realizzata, su tutti i fronti, con la proposta di una AMNISTIA”.
Qualche mese fa, i vescovi di Basilicata, nell’esprimere il loro sostegno alla marcia del 25 aprile, ebbero a scrivere: “La chiesa sente che l’impegno per l’amnistia, la giustizia e la libertà rappresenta un fatto che va nella direzione di una possibile, necessaria riconciliazione”.
Con fiducia - e nella certezza che il nostro appello sarà raccolto - ci rivolgiamo alle massime cariche istituzionali della Regione Basilicata, ad iniziare dal Presidente Vito De Filippo, per chiedere un aperto sostegno alla lettera/appello del Prof. Andrea Pugiotto e ai 4 giorni di mobilitazione annunciati da Marco Pannella e dal Partito Radicale. Da questa terra può arrivare ancora una volta un segnale importante.
Del resto è davvero il caso di dire “se non ora, quando? Se non così, come?”
Approfondimenti
4 giorni di nonviolenza, di sciopero della fame e di silenzio [2]