
dal settimanale "L'indipendente lucano", 21 gennaio 2011.
di Afra Fanizzi.
Ogni mattina il risveglio in uno spazio minimo, angusto, con letti a castello. Una sorta di stanza che nel migliore dei casi è riscaldata. Nel peggiore, sono giorni che non accendono i termosifoni. Andare in bagno e trovarsi davanti una tazza (in molti casi a vista, senza garantire privacy) che qualcuno, con ancora viva la voglia di scherzare, ha definito dei “puffi” per quanto piccola. Certo, in carcere, fra le sbarre non puoi aspettarti di essere servito e riverito. Certo. Non sei a casa tua e stai scontando una pena (nel caso in cui tu sia già stato giudicato). Ma la dignità di un uomo, dovrebbe restare, di certo non si dovrebbe distruggerla (la riabilitazione dove finisce, altrimenti?). E invece, si perde, si vaporizza in una realtà dove certo si finisce perché si ha sbagliato, ma dove i diritti dell’uomo vengono spesso violentati e dimenticati.
E le carceri lucane (Potenza, Matera e Melfi, senza considerare quello minorile) non fanno eccezione. Il problema fondamentale è quello del sovraffollamento e secondo i dati raccolti dalla deputata radicale Rita Bernardini, accompagnata nel suo giro dal segretario regionale dei Radicali Maurizio Bolognetti, l’emergenza c’è. Un tour per le carceri, che per ora ha toccato solo quello del capoluogo lucano e i cui dati sono contenuti in una interrogazione parlamentare, indirizzata al ministro della Giustizia, Paola Severino.
Al momento della visita (lo scorso 28 dicembre) erano presenti 170 detenuti, per una struttura che ha una capienza regolamentare di 110 posti, essendo chiusa, perché a rischio crollo, la sezione penale. Questo esubero porta anche ad un mescolarsi di detenuti con sentenza in celle con altri ancora ingiudicati. Secondo una statistica presente sul sito internet del Ministero della Giustizia e risalente al giugno del 2011, si parla, invece, di una capienza regolamentare di 204 posti. Un numero evidentemente da aggiornare.
E se la popolazione carceraria è troppo numerosa, non altrettanto si può dire degli agenti di polizia penitenziaria (128 quelli effettivi su 153 previsti). Pochi, costretti a turni massacranti e quindi messi in condizioni che non ne assicurano un buon rendimento sul posto di lavoro né una buona risposta nei confronti dei detenuti.
“Guardie” e “ladri”, quindi, vivono, anche se in modo diverso, l’angoscia del carcere. Le carenze, però, all’interno del carcere potentino non finiscono qui. Durante la visita, la radicale Bernardini ha registrato anche l’assenza di assistenza psicologica. Un fondamentale per i detenuti che ne avrebbero bisogno all’interno di un percorso di recupero o semplicemente per affrontare una realtà nuova. Insomma, una situazione carente in tutto, che rende la pena ancora più difficile da scontare.
Il problema del sovraffollamento delle carceri, però si inserisce in un vero e proprio vulnus per la giustizia italiana in generale. Ovvero la situazione di cronica, continuata e persistente illegalità dello Stato italiano data dalla lungaggine dei processi che procura al Paese condanne su condanne a livello europeo e che produce una impressionante quantità di processi che ogni anno vanno letteralmente al macero per prescrizione (secondo il ministero della Giustizia a giugno 2011 l’arretrato è di nove milioni di processi).
Il tutto per un meccanismo che si inceppa continuamente e che per bocca dei Radicali, fa gridare all’amnistia, provvedimento che alleggerirebbe le carceri e che risolverebbe, almeno un po’, il problema. Perché il paradosso in tutta questa vicenda è uno Stato, quello italiano, che finisce con l’essere fuori legge. Che fa arrivare alla prescrizione invece che alla sentenza in un’aula di tribunale, che sarebbe la naturale chiusura di un processo.
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