
Se le misure del governo saranno utili e giuste, e se verranno spiegate, avranno anche il consenso dei cittadini, malgrado i Bossi e le Camusso.
Dichiarazione di Michele De Lucia, tesoriere di Radicali italiani:
Nell’attesa di conoscere le misure che il governo adotterà lunedì prossimo sulle pensioni, vogliamo lanciare un appello e un augurio: le riforme siano giuste ed efficaci. I veti posti in particolare dalla Lega (“per l’affossamento della Padania”, dovrebbe chiamarsi) e dai sindacati, con tutto il resto dei partiti variamente al seguito, hanno portato allo sfascio il Paese, mettendo le generazioni le une contro le altre e, all’interno della stessa generazione, cittadini di serie a contro cittadini di serie b.
Qualcuno avvisi Umberto Bossi, Susanna Camusso e compagnia cantante (loro sì, davvero, “coesi”) che, secondo i dati Inps pubblicati oggi, nei primi dieci mesi del 2011 l’età media dei pensionati di anzianità è stata di 58,7 anni. Con l’allungamento dell’età media, la precarizzazione del lavoro e il dilagare del lavoro nero, quelli che un tempo erano diritti sono divenuti privilegi.
Siamo convinti che se il governo adotterà misure giuste ed efficaci, e andrà a spiegare ai padri che i figli dovranno lavorare (per forza, non per scelta) fino a settant’anni e più, e questo nemmeno basterà a dar loro diritto ad una pensione, quelle misure potranno trovare il consenso dei cittadini. Per “misure giuste ed efficaci”, intendiamo che quelle misure dovranno risolvere anche il problema dei contributi “silenti” e della prosecuzione volontaria dell’attività lavorativa oltre i limiti di legge, come da proposte di legge presentate dai deputati radicali (la seconda ha come primi firmatari Pietro Ichino al Senato e Giuliano Cazzola alla Camera).
Post scriptum. Nel 1997 depositammo in Cassazione un quesito referendario per l’abolizione delle pensioni di anzianità, definite come “il più intollerabile elemento di insostenibilità finanziaria e di iniquità generazionale del nostro sistema previdenziale”. La campagna venne totalmente silenziata dai media e fu impossibile raccogliere le firme. Nel 1999 riproponemmo l’iniziativa, questa volta con successo (un milione di firme raccolte), ma all’inizio del 2000 la Corte costituzionale bocciò il quesito, impedendo ai cittadini di esprimersi.
Accadeva 12 anni fa. Se l’Italia fosse una democrazia, oggi non ci troveremmo nelle condizioni in cui siamo.
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