Di Maurizio Bolognetti, Direzione Nazionale Radicali Italiani
Il “dissesto idrogeologico”, come definito all’art.54 del D.Lgs. 152/2006, è “la condizione che caratterizza aree ove processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio”.
Secondo il rapporto “Ecosistema a rischio 2010” sono 6633 i comuni in cui sono presenti aree ad alta criticità idrogeologica, l’82% del totale delle amministrazioni comunali italiane.
In Basilicata, i comuni a rischio idrogeologico individuati dal Ministero dell’Ambiente sono 123 su 131. Tra questi troviamo anche il comune di Viggiano dove ha sede il Centro Oli dell’Eni e dove la stessa Eni è stata autorizzata a trivellare due nuovi pozzi(Monte Enoc 6Or e 7Or) a ridosso del centro abitato in località “Piano Lepre”.
La vicenda che ha portato ad autorizzare i pozzi Monte Enoc 6Or e 7Or merita di essere ripercorsa.
25 novembre 2004 – L’Eni spa divisione Exploration & Production avanza una richiesta di verifica della perimetrazione di un’area in frana, classificata a rischio R4 nel Pai(Piano di assetto idrogeologico) licenziato dall’ADB Basilicata il 13 settembre 2004. L’area in oggetto ricade nel comune di Viggiano(PZ).
17 febbraio 2005 – La commissione tecnica dell’Autorità di Bacino(ADB) respinge la richiesta di riperimetrazione avanzata dall’ENI.
19 novembre 2010 – L’Eni avanza una nuova richiesta tesa ad acquisire un parere favorevole di compatibilità idrogeologica per la “realizzazione della postazione sonda Monte Enoc 6/7”
28 febbraio 2011 – Il comune di Viggiano ribadisce all’Eni che l’area interessata al progetto dei pozzi Monte Enoc è “Area soggetta a Rischio Idrogeologico R4”.
29 marzo 2011 – Il Comitato tecnico dell’ADB esprime parere positivo di compatibilità idrogeologica ed autorizza l’Eni a realizzare la postazione sonda Monte Enoc 6/7, premessa alla realizzazione dei pozzi Monte Enoc 6Or e 7Or.
5 aprile 2011 – L’Adb Basilicata ratifica la decisione presa a marzo dal comitato tecnico. Dalla lettura della delibera, tra l’altro, si apprende che l’area interessata dalle trivellazioni “è ricompresa in un territorio censito a rischio idrogeologico medio(R2)”. La stessa Adb, nell’approvare il progetto Eni, chiede al colosso energetico di porre in essere “gli interventi di sistemazione, protezione e monitoraggio previsti nel progetto” e di porre in essere tutti gli accorgimenti “ritenuti necessari alla salvaguardia della stabilità dei luoghi e delle strutture e infrastrutture presenti e/o in corso di realizzazione… in considerazione della presenza di un areale a rischio R4 a valle della postazione”.
Riepilogando: un’area che nel 2004 viene classificata R4, nel 2011 viene declassata a R2, e la richiesta Eni, respinta nel 2005, viene approvata con prescrizioni nel marzo/aprile 2011. Nel frattempo, a febbraio 2011, e per quanto ne sappiamo ancora oggi, l’ufficio tecnico del comune di Viggiano continua a ritenere l’area in oggetto ad alto rischio. Nel dossier radicale “La Peste Italiana” c’è un interessante capitolo dedicato al dissesto idrogeologico. La lettura del dossier, che mi permetto di suggerire agli amici “terroristi” dell’associazione Laboratorio per Viggiano, mi spinge ad affermare con Marco Pannella che il dissesto idrogeologico, che incombe come una spada di Damocle su gran parte del nostro territorio, è figlio del dissesto ideologico prodotto dal sessantennio partitocratico. Ad oggi non è dato sapere perché l’area destinata ad ospitare i pozzi Monte Enoc sia stata declassificata. Quel che è certo, agli occhi di un profano, è che ancora una volta sono state autorizzate attività estrattive a ridosso di un centro abitato e in una zona a rischio frana.
Approfondimenti
Ecosistema a rischio 2010
La peste italiana
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