
Articolo di Mario Staderini pubblicato su l'Unità il 24 aprile 2011.
Il vero obiettivo del Governo rispetto ai referendum su nucleare e acqua non è tanto impedire il voto bensì demotivarlo. Spostare il confronto dal merito dei quesiti al permanere o meno della ragione per la tenuta degli stessi, significa far passare il messaggio che i referendum siano inutili perchè tanto il Governo ha già fatto marcia indietro. In questo modo, una parte di indecisi si determinerà a disertare le urne e tanto basterà per non raggiungere il quorum in una consultazione dove mezzo milione di voti potrebbe fare la differenza. A quel punto, non conterà nulla che le leggine da azzeccagarbugli si rivelino incapaci di evitare la tenuta dei tre referendum, cosa peraltro nota anche ai proponenti. Ad oggi, la norma per far saltare il referendum sul nucleare deve ancora essere approvata dalla Camera, mentre il decreto legge sull’acqua è allo stato una fantasia di un sottosegretario che per avere effetti dovrebbe essere convertito in legge ben prima della decisione della Cassazione. Ammesso e non concesso che il Parlamento trovi il tempo di approvarle (negli stessi giorni si voterà per il processo breve e il testamento biologico), le leggine non soddisferanno comunque i parametri costituzionali per considerare superati i quesiti. Salvo il compiersi, da parte dell’Ufficio centrale, di un blitz come quelli che permisero alla Corte costituzionale di dichiarare inammissibili referendum in realtà legittimi ma scomodi al Palazzo. Sarebbe un errore pensare che tutto accada in funzione solo del referendum sul legittimo impedimento, sottovalutando così la forza trasversale del blocco nuclearista e di quello affamato delle rendite assicurate dalla trasformazione dei monopoli pubblici in monopoli privati. Qui gli interessi di Berlusconi convergono con quelli di altri potenti. La partita referendaria si giocherà, ancora una volta, intorno alla possibilità che gli italiani conoscano le contrapposte tesi in campo al fine di esercitare un voto responsabile. Su questo il partito degli antireferendari ha già vinto, con la fattiva complicità della Rai e della Commissione parlamentare di vigilanza, la quale non ha ancora approvato il regolamento radiotelevisivo che doveva essere in vigore dal 4 aprile. Se ci fosse un vero dibattito sul nucleare si parlerebbe anche delle politiche energetiche italiane e delle oligarchie che le condizionano a loro esclusivo vantaggio. Allo stesso modo, parlare di acqua e di servizi pubblici locali significherebbe aprire il vaso di Pandora del consociativismo municipale e degli imprenditori d’area cui si vuole affidare la cogestione dei miliardi di investimenti pubblici nel settore idrico. E’ la conoscenza quello che davvero temono.