Al Ministro dell’Ambiente
Al Ministro dello Sviluppo economico
Al Ministro della Salute
Premesso che:
martedì 5 aprile a Viggiano 21 operai della Elbe Sud Italia hanno accusato malori in concomitanza alll’avvertimento di un odore nauseabondo da parte di lavoratori e cittadini;
il fatto che sia stato avvertito un forte odore di zolfo avvalora l’ipotesi di un avvelenamento determinato da emissioni di H2S (un gas incolore, estremamente velenoso, contraddistinto dal caratteristico odore di uova marce ) provenienti dal vicino Centro Oli, situato ad almeno 150 metri dallo stabilimento della Elbe Sud Italia;
l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) stabilisce che le emissioni di H2S non debbano superare i 0,005 ppm (parti per milioni) mentre, in Italia, alle società minerarie (Centro olio Eni di Viggiano compreso), vengono concesse emissioni 6 mila volte superiori, fino a 30 ppm;
vista la dimensione del fenomeno che ha provocato l’intossicazione degli operai distanti almeno 150 metri dal luogo dell’incidente, secondo dati scientifici e gli studi condotti dalla ricercatrice Maria Rita D’Orsogna (esperta di inquinamento da idrocarburi e docente di fisica all’Università statale della California) gli effetti clinici (vomito e malesseri diffusi) manifestati dai lavoratori della Elbe Italia Sud srl, avvengono solitamente a concentrazioni intorno ai 10-100 ppm, con la conseguenza che, per intossicare a 150 metri di distanza, la fuoriuscita di particelle, sul luogo della perdita all’interno del Centro olio (fatto questo tra l'altro inspiegabilmente non confermato dall'Eni), deve essere stata di molto superiore ai 10-100 ppm;
non risultano pertanto attendibili agli interroganti i dati dell’Arpab per la quale, da quanto registrato dagli «analizzatori passivi» il livello del gas martedì scorso, quando si è verificato il caso, ha oscillato tra i 2,2 e i 2,7 microgrammi per metro cubo a fronte di una media giornaliera che in passato non ha mai sforato lo 0,5;
questo anche perché, attivisti della OLA hanno fatto presente che da anni cittadini ed associazioni della Val d’Agri denunciano la carenza di centraline di monitoraggio intorno al Centro olio ed, in generale, in tutta la Basilicata e dunque l'impossibilità per l'Arpab (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) e i suoi dati di rilievo di essere attendibili;
la decisione regionale di consentire all’ENI un raddoppio delle quantità di petrolio estraibile si traduce in rischi aggiuntivi per la salute che sono confermati da questo ennesimo incidente, noti da tempo, già dal rapporto Basilicata Sanità del 2000, quando in Val d'Agri si rilevarono patologie cardio-respiratorie civette intorno al 44%, contro un 19% tra i cittadini nel resto della regione (indagine medica poi impropriamente sospesa);
risulta disattesa la richiesta avanzata anche nel corso della conferenza su Petrolio e Ambiente organizzata da Eni e Regione (Copam 2011, ndr) di “un giudizio sulle emissioni elevate del Centro olio di Viggiano in difformità da quanto stabilito dal’OMS”;
come ha dichiarato Maurizio Bolognetti, segretario dei Radicali lucani, “oltre ad istituire una commissione d’inchiesta sulla vicenda, dovrebbe riflettere sull’impatto che le attività estrattive producono sulla salute dei residenti della Val d’Agri e sull’ambiente”, perché “gli interessi dell’Eni, della Total e della Shell mal si conciliano con la tutela della salute, dell’ambiente e delle preziose risorse idriche lucane. La Commissione d’inchiesta la si faccia per indagare a fondo sui danni prodotti dalle estrazioni”;
si chiede di sapere:
di quali informazioni disponga il Governo in merito all’intossicazione di 22 operai della Elbe Sud Italia;
quali iniziative intendono adottare per accertare l’impatto che le attività estrattive hanno prodotto e producono sulla salute dei residenti della Val d’Agri e sull’ambiente, a partire da quelle relative al Centro oli di Viggiano;
se si intenda, nel frattempo, stabilire una moratoria che blocchi ulteriori permessi, concessioni e raddoppi relativamente alle attività estrattive in Basilicata.
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