
Roma, 14 novembre 2015
Lettera ai Compagni Milanesi
Vi ringrazio per l'invito a partecipare alla assemblea dell'Associazione Enzo Tortora.
Purtroppo un altro impegno mi impedisce di parteciparvi, senza il quale probabilmente avrei interrotto la mia ormai lunga assenza da riunioni e assemblee della comunità radicale negli ultimi due anni.
L'ho fatto per sottrarmi a scontri rissosi e rancorosi che si accendono e rapidamente si spengono praticamente sul nulla e ad un settarismo divenuto ormai insopportabile. Ed è anche il motivo che mi ha indotto a disertare rigorosamente ogni scambio ed ogni intervento sui siti e le mailing list radicali.
C'è tuttavia un ragione più seria e grave che mi ha indotto a questa prolungata e silenziosa assenza ed è la convinzione che sia cambiato tutto sulla scena politica internazionale e non solo su quella nazionale e che noi si disponga ormai soltanto di parametri di valutazione,
di paradigmi e canoni interpretativi, di visioni di possibili alternative che appartengono al passato e che sono ormai insufficienti e inadeguati a comprendere ed affrontare la nuova realtà.
Lo ha espresso bene ancora una volta Papa Francesco quando ha detto che stiamo vivendo non una epoca di cambiamenti ma il cambiamento di un'epoca.
Su questo avevo tentato di richiamare l'attenzione del congresso di Chianciano dello scorso anno, suscitando l'indifferenza dei più e la derisione-irrisione di qualcuno. So benissimo che non esiste una risposta facile a questo generale e a volte tragico cambiamento. Ma un
partito che si chiama radicale dovrebbe almeno provarci come ha sempre fatto con le armi del dibattito interno e del dialogo esterno, della ricerca e della sperimentazione anziché esaurirsi nel consumo del proprio passato e in incomprensibili e stupide guerricciole interne.
Questa mia insoddisfazione, questa mia valutazione non può non comprendere anche le mozioni degli ultimi due congressi, quella dello scorso anno e quella recente di quest'anno. E questo avviene non perché, come ritiene qualcuno, l'ultima mozione cambierebbe la natura del
Partito radicale ma al contrario perché esprime e ripropone risposte radicali ormai inadeguate.
E questo lo dico nonostante la mia vicinanza e simpatia per i radicali che, a cominciare a Riccardo, l'hanno proposta e sostenuta rispondendo così ad un campagna tendente ad attribuire esclusivamente alle ultime generazioni radicali la responsabilità delle difficoltà nelle quali il
partito si dibatte. Se responsabilità ci sono appartengono con tutta evidenza in primo luogo a coloro che il partito e Radicali Italiani hanno controllato e preteso di guidare negli ultimi anni.
Vi auguro buon lavoro. A voi come ad altri radicali di altre città riconosco il merito di aver tenuto vivo il filo di una presenza e di una tradizione radicale attraverso l'associazionismo, un associazionismo che non ha mai articolato presenze burocratiche sul territorio ma vi ha
animato e arricchito i nostri valori, le nostre lotte, i grandi obiettivi di riforma radicali . Vi sono anche grato per avermi voluto, insieme al mio amico Strik Lievers, al dibattito non di commemorazione di Enzo Tortora ma sull'attualità sempre viva del "caso Tortora" quando si
parla della giustizia in Italia.
Gianfranco Spadaccia
P.S.: Avevo scritto questo testo nel corso della giornata di ieri. Questa notte, a drammatica e triste conferma delle mie valutazioni, è avvenuto il tragico massacro di Parigi.