[3]di Rosario Scognamiglio [4]
« Quando è uscito “Storia di un impiegato” avrei voluto bruciarlo. Era la prima volta che mi dichiaravo politicamente e so di aver usato un linguaggio troppo oscuro, difficile. L’idea del disco era affascinante. Dare del Sessantotto [5] una lettura poetica, e invece è venuto fuori un disco politico. E ho fatto l’unica cosa che non avrei mai voluto fare: spiegare alla gente come comportarsi. »
Queste, furono le dichiarazioni di Fabrizio De Andrè [6], riportate in un intervista fatta al corriere della sera nel 1974, un anno dopo l’ uscita dell’Album.
De Andrè, con quell’onestà intellettuale che lo ha sempre contraddistinto e ha sempre contraddistinto i suoi scritti, esprime tutta l’ ansia di non essere riuscito a dare una lettura poetico-romantica al sessantotto, non è mai sceso per strada gridando o lanciando Molotov, perché,come ripeteva, “il cantautore è un coniglio intellettuale”.
Ha sempre seguito da lontano il susseguirsi delle vicende sociali, che investirono l’ Italia negli anni settanta.
Forse è vero non è riuscito a rendere poetici “gli anni della Rivoluzione”, ma se si cambiasse prospettiva di vista e più che guardare alla massa, focalizzassimo il punto di vista sulle individualità (elemento ricorrente in tutte le opere di De Andrè), potremmo benissimo comprendere, che Storia di un impiegato, altro non è che una storia di formazione,una storia di evoluzione individuale, un determinato soggetto si stacca dalla massa e ubriacato da idee, ideologie, ideali agisce da solo….. ma andiamo per ordine.
Storia di un impiegato [7]è composto da otto brani, tutti legati da un “fil rouge” che racconta in maniera progressiva, la tragica epopea di un impiegato schiacciato dalla monotonia del vivere quotidiano, oppresso dalle sovrastrutture sociali, ascolta una canzone del maggio francese scritta cinque anni prima, racconta la rivolta studentesca che inondò la Rive gauche della Senna, riesce a scorgersi una forte accusa lanciata contro chi per paura quel giorno in strada non era sceso,”provate pure a credervi assolti siete lo stesso coinvolti”.
La canzone si conclude con una sorta di avvertimento, quell’ episodio non resterà isolato, ma sarà l’ inizio della Rivolta.
L’ impiegato paragona la sua vita a quella degli studenti francesi, inizia a comprendere come la realtà nella quale ha vissuto lo ha condizionato, non lo ha reso libero di esprimersi e inizia a sognare……”Butta l’ idea al di la del vetro” lasciandosi in dietro una vita passata ad investire denaro ed affetti per avere rendite sicure, gli alibi che si era creato, per non uscire da quella situazione di apparente tranquillità, iniziano a prendere fuoco e lui ricomincia da capo.
Il sogno continua , progetta di auto-invitarsi “al ballo mascherato”, dove sono presenti tutti i burocrati appartenenti a quella borghesia dalla quale sente il bisogno di staccarsi.
Immagina di lanciare una bomba fra gli invitati e guardarli agonizzanti, colto da un attacco sfrenato di individualismo, si libera anche del padre, che da buon uomo decoroso pretende “aspirina ed affetto” e della madre, che racchiude tutta la sua vanità “nel martirio” della buona donna di casa, in fine la spannung, si libera anche dell’ amico “che gli ha insegnato il come si fa”, quell’ amico che gli aveva insegnato a ribellarsi, lo mette seduto tra Nelson( L’ uomo del potere, che con una maschera di dignità, professa una fittizia lotta per la libertà) e la statua della pietà.
La liberazione è completa e l’ impiegato rende così il giusto tributo alla sua individualità.
il viaggio nel suo Iperuranio prosegue,il palcoscenico è quello dell’ aula di tribunale, il sogno numero 2 si apre con una forte invocazione da parte del giudice, egli rende noto all’ impiegato, che tutto ciò che ha fatto è servito solo al potere e alla sua urgenza di conquistare il potere.
Fabrizio De Andrè ha voluto aspramente criticare coloro i quali si sono fatti promotori delle istanze rivoluzionarie sessantottine , “i cuccioli del Maggio che lottavano così come si gioca e avevano il tempo anche per la galera”, non hanno fatto altro che mascherare la loro fame di potere, volendo sovvertire un ordine precostituito con un altro ordine costituendo, annientando tutti i principi di giustizia sociale che sono a fondamento di qualsiasi stato di diritto.
A questo punto il sogno dell’ impiegato si sta trasformando in incubo, si vede con l’ acqua alla gola, vede la sua vita pian piano incanalarsi verso le stesse strade battute dal padre, si sveglia!
Decide di agire, ecco l’ epilogo tragico…… getta una bomba verso il Parlamento, ma questa rotola e fa esplodere “un chiosco di giornali”, la prima cosa a cui pensa è la donna da lui amata, lei si sporgerà da ogni foglio di giornale, sarà in prima pagina, ma lo lascerà da solo nell’ oblio del ridicolo.
L’ impiegato finisce in carcere, la scelta del carcere è formale, non tanto come spiega Roberto Danè [8] nelle note all’ Album, per identificare la discrasia tra individualità e collettività, identificando quest’ultima come l’ unico elemento, che può apportare effettivamente la liberazione dell’ individuo da strutture di regime, ma il carcere è una sorta di campo neutro, al di fuori della “società civile”, qui non si assiste allo scontro, tra potere precostituito e antipotere che cerca in tutti i modi di sostituirsi al primo.
Nel penitenziario, l’ impiegato prende effettivamente coscienza di se, libero da ideologie massificate e pseudo-rivoluzionarie, forse lì insieme “agli altri vestiti uguali”, dimenticati dalla società, comprende veramente i principi di uguaglianza, che non sottendono mai a contingenze di collettivismo, ma sono cooperazione delle diverse individualità , in questo frangente, si applica la vera liberazione dell’ uomo.
L’ impiegato insieme agli altri, riesce a togliere “il velo moraleggiante” sulle ingiustizie “ci hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane, ora sappiamo ch’è un delitto il non rubare quando si ha fame”, una volta imprigionati i secondini durante l’ ora di libertà, gridano la stessa invocazione del Maggio francese “verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte, per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”, ma questa volta sembra più veritiera più realistica.
Insomma in Storia di un impiegato, l’ accento è tutta sull’ individuo e sugli individui, che riescono a liberarsi, sia da strutture liberticide sia da false ideologie, alla Rivoluzione sessantottina si contrappone l’ evoluzione del soggetto, che passa per vari stadi e vari strati sociali. L’ impiegato compie una ricerca prima di se stesso e poi della verità insieme ad altri, tale percorso evoluzionistico lo conduce, forse, ad essere effettivamente un uomo libero.
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