
«Ha sacrificato l’impianto di Porcia, non ha mostrato l’equilibrio necessario»
Giovedì 23 Gennaio 2014,
Il governatore del Friuli e componente della nuova segreteria nazionale del Pd, Debora Serracchiani, chiede la testa del ministro dello Sviluppo, Flavio Zanonato, per «mancanza di equilibrio necessario» e «scarsa concretezza» nel gestire la crisi dell’Electrolux, colosso svedese degli elettrodomestici che ha le fabbriche più grosse nel pordenonese, a Porcia, e nel trevigiano a Susegana. Pd contro Pd. Renziana la prima, di area bersaniana-Cuperlo l’ex sindaco di Padova, unico ministro veneto di tutta la squadra Letta. Col rischio di ritrovarsi Veneto contro Friuli.
A far scattare la Serracchiani sono state le dichiarazioni del ministro. Il quale, in risposta ad un’altra tenzone aperta con il governatore veneto Luca Zaia, sottolineava che «i problemi del gruppo riguardano solo lo stabilimento di Porcia e non quello di Susegana». La Lega ci si infila dritta nella polemica. Zaia sostiene la richiesta di dimissioni: «È fondamentale che un ministro sia a fianco dei suoi cittadini. Su Electrolux in quattro governatori aspettiamo una sua convocazione». A ruota il segretario federale, Matteo Salvini, annuncia una mozione di sfiducia. Dopo pochi minuti, Zanonato replica su Twitter: «Polemica dannosa, le Regioni avanzino proposte piuttosto». Senza ragion d’essere: «Onestamente non la capisco. Nella mia nota a Zaia ho detto il contrario di quello che ha capito la Serracchiani, ho detto cioè che mi concentro solo su Porcia, non che la sacrifico». Quanto alla fase - oggettivamente difficile - che sta vivendo la vertenza, il ministro chiarisce che «il tavolo negoziale di cui parla Zaia non può essere chiesto da lui, ma dai sindacati e dalla proprietà che si incontreranno il 27 gennaio. Neanche Zaia capisco, tanto più che il problema non ce l’ha nemmeno». La Cgil friulana sta con la Serracchiani («Zanonato non è un’opinionista, dà la sensazione di disimpegno, giusto vada via»), Unindustria Pordenone sottolinea invece che ministro e governo «sono al lavoro su un piano».
Se la tensione con i vertici della Lega rientra nella dialettica tra avversari - Zanonato è uno dei candidati più autorevoli del Pd per le Regionali 2015 dove potrebbe sfidare proprio Zaia - come inquadrare la richiesta di dimissioni sparata, senza preavviso, dal governatore friulano? Solo un atto impulsivo, legato ad una situazione che a Pordenone crea angoscia finendo per riversare aspettative miracolistiche sull’intervento del governo? C’è chi la legge così. Altri vedono nell’attacco a Zanonato, proprio in un momento cruciale della vertenza, un colpo - magari solo il primo di una serie - della segreteria Renzi a Zanonato e insieme alla minoranza riottosa in questa dura fase di assestamento interno post-congressuale.
Mettere sotto pressione la minoranza, lavorare ai fianchi governo e il premier Letta (fonti a lui vicine parlano di un «non caso»), stressare i ministri già nel mirino, provocare un rimpasto senza chiederlo (sul sito del quotidiano Europa circolano i nomi di possibili sostituti, l’ad di Luxottica, Andrea Guerra, vicino a Renzi, il deputato toscano, Dario Nardella, la promozione del ministro Delrio). Anche Gianni Cuperlo, presidente Pd dimissionario, si fa sentire: «Serracchiani sbaglia, spero che oggi si incontrino e si parlino».
«Sul piano razionale non è spiegabile questo attacco, per giunta a trattativa aperta - rileva un parlamentare pd di area bersaniana - Zanonato sta cercando di fare il massimo, conosce il territorio». Il ministro viene difeso da tutti i segretari provinciali («serve un partito unito, Debora non cada nel gioco della Lega») e dai parlamentari democratici del Veneto, veloci a spegnere il principio d’incendio che può mandare in fumo il tentativo di accordo, in corso in questi giorni, tra le tre componenti su un candidato condiviso (De Menech) alla segreteria regionale. I bersaniani (D’Arienzo, Naccarato, Narduolo, Zardini, Zoggia, Ginato, Mognato, Casellato) lanciano un comunicato in cui usano il termine «aggressione» da rispedire al mittente, «strumentale, con altre finalità rispetto all’oggetto del contendere. La governatrice scarica altrove i propri ritardi e inefficienze». Sgambetto ai bersaniani? Davide Zoggia: «I dubbi vegnono ma non voglio crederci. Se fosse così sarebbe una battaglia senza fine. Terrò gli occhi bene aperti. Vogliono indebolire Flavio in chiave Regionali? Ci pensino bene perchè se salta a Roma, avrà più tempo per dedicarsi al Veneto». Ma anche quattro deputati e senatori veneti di fede renziana (De Menech, Crimì, Santini, Rotta) «rinnovano la loro stima a Zanonato» con una loro separata presa di posizione in cui chiedono di «smorzare i toni nell’interesse dei lavoratori». Per il segretario in uscita Rosanna Filippin «è difficile da capire la richiesta di dimissioni, Zanonato sta operando bene, il Nordest non può perdere un ministro». E Giorgio Santini, ex segretario Cisl e sindacalista di lungo corso, parla di «attacco sopra le righe, ingiustificato, posso testimoniare personalmente che Zanonato in questi mesi non si è risparmiato».
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