Intervista a Mario Staderini. Di Luigi Riccio, da www.corriereimmigrazione.it [3], 22-04-2013
Il tema immigrazione sembra sparito dall’agenda politica italiana. Eppure c’è chi sta provando a fare qualcosa.
Il 10 aprile i Radicali italiani hanno depositato in Cassazione sei quesiti referendar [4]i. Due sono sui temi dell’immigrazione. Il primo chiede la riduzione a due mesi della durata della permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione. Il secondo, di cancellare quelle norme che subordinano il permesso di soggiorno al contratto di lavoro. Ne parliamo con il segretario, Mario Staderini.
Due mesi al massimo di trattenimento: chiedere tout court la chiusura dei Cie vi sembrava troppo?
«Attraverso lo strumento referendario non è possibile avanzare questa richiesta. Se avessimo presentato un quesito diretto a questo scopo, sarebbe stato giudicato non ammissibile. E allora abbiamo optato per questa soluzione di compromesso, che rappresenta un punto di partenza. Ma noi siamo dichiaratamente per l’abolizione di queste strutture e contrari alla detenzione amministrativa. Sia la campagna LasciateCIEntrare che le visite ispettive dei deputati radicali, hanno dimostrato l’evidente violazione dei diritti umani, anche perché stiamo parlando di persone trattenute senza aver commesso un reato».
Non rischia, questa modifica, di rivelarsi uno specchietto per le allodole?
«Stiamo cercando un confronto. Vorremmo, in un tempo di alcune settimane, allargare il fronte dei promotori dei due referendum e discutere nel merito i quesiti. Lo strumento referendario ha dei limiti, può solo abrogare e farlo rispettando la cervellotica giurisprudenza della Corte Costituzionale circa l’ammissibilità. Se emergessero quesiti migliori e diversi li valuteremo».
Cosa succederebbe in quest’ultimo caso?
«Qualora si arrivasse a dei correttivi o anche ad ulteriori referendum, si farebbe un ulteriore deposito».
Non sarebbe stato meglio confrontarsi prima?
«Lo abbiamo fatto. I quesiti nascono al congresso dei Radicali italiani di novembre, nel quale ci sono stati veri e propri lavori di commissione per preparare le proposte referendarie. I quesiti sono l’esito di questi lavori».
Il secondo quesito riguarda il nesso tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno e poi l’Accordo di integrazione. Quali sarebbero i vantaggi se passasse?
«Abrogando gli articoli 4-bis e 5-bis del Testo Unico del 1998, si rimuoverebbero quelle disposizioni che mettono gli immigrati in una posizione di precarietà estrema e ricattabilità e, lungi dal contrastarla, favoriscono la clandestinità. Eliminandoli, sarebbe più semplice ottenere e rinnovare il permesso di soggiorno. Oggi l’Accordo di integrazione, per la questione dei punteggi, rappresenta uno dei maggiori scogli».
Cosa vi aspettate da questi referendum?
«La sfida è far comprendere a quegli italiani che si sentono vittime di concorrenza sleale ad opera dei migranti (per esempio, perché questi accettano paghe inferiori) che questo accade come conseguenza di quelle norme che pongono lo straniero in uno stato di soggezione. L’auspicio è che torni ad aprirsi nel Paese un dibattito utile a far comprendere che siamo davanti ad un’opportunità e non ad un pericolo».
Quando comincerà la raccolta firme?
«Ci siamo presi alcune settimane di tempo per confrontarci. Partire per la metà di maggio».
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