di Anita Caiazzo, da “Roma”, 16 aprile 2013
I numeri dell’emergenza sono chiari e inseriscono la Campania nella lista delle regioni con le carceri più sovraffollate d’Italia. Secondo i dati forniti da Antigone, attualmente nei 17 istituti di pena della regione c’è una presenza effettiva di 8.296 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 5.794 unità, in pratica un surplus di 2.500 detenuti, mentre l’aggregato napoletano conta circa la metà dei detenuti presenti in regione. La maglia nera va al “casermone” Poggioreale che si è aggiudicato il triste record del carcere più sovraffollato d’Europa.
Negli ultimi mesi il carcere di Poggioreale ha toccato la cifra di 2.900 detenuti quando la capacità regolamentare è di circa 1.300 posti, un surplus enorme che si traduce nei fatti con detenuti stipati ovunque e in celle microscopiche. Oltre ad un sovraffollamento da record e, alla struttura fatiscente, nell’ultima visita Antigone ha avuto modo di notare un’altra preoccupante situazione per i detenuti di Poggioreale.
“Abbiamo riscontrato – fa sapere Antigone – che c’è una sezione del Padiglione Avellino che è adoperata come “reparto psichiatrico”, nel senso che vi sono reclusi, in condizioni d’isolamento, detenuti con disagio psichico. Siamo molto preoccupati perché non ci risulta che vi sia un’assistenza psichiatrica assicurata h24, e temiamo vi sia il rischio di forme d’isolamento prolungato, e sembra che il reparto sia organizzato in modo difforme da quello che lo stesso ministero della giustizia prevede”.
Mario Barone portavoce di Antigone si è detto anche preoccupato per una sequenza di morti avvenute a Poggioreale, quattro decessi intercorsi tra gennaio e febbraio. Tra cui la morte di M. L. trovato senza vita nel centro clinico del carcere dal medico nel giro vista della mattina. Ma i problemi sono distribuiti in tutte le case circondariali, compreso il carcere femminile di Pozzuoli dove sono detenute circa 200 persone a fronte di una capienza regolamentare di 83 detenute.
“Il numero complessivo di detenute – ha detto Barone – è modesto se rapportato all’equivalente maschile, vale a dire la casa circondariale di Poggioreale. Tuttavia, se rapportiamo il numero di detenuti effettivi al numero dei posti disponibili, abbiamo riscontrato nel carcere di Pozzuoli il tasso di affollamento più elevato della Regione”.
Anche il carcere che dai parenti dei detenuti viene definito “sempre meglio di Poggioreale ” ovvero quello di Secondigliano, deve fare i conti con il sovraffollamento: il numero di detenuti è di 1.200 unità a fronte di una capienza di 650 posti. Un carcere che per gli stranieri detenuti si trasforma in un totale buco nero: “Gli stranieri – ha spiegato Mario Barone – hanno maggiori difficoltà, tra le quali quelle di potersi esprimere nella propria lingua, o l’assenza di colloqui non avendo una rete familiare come quella di un cittadino italiano”.
Disagi anche per gli agenti della Penitenziaria
Il sovraffollamento, le strutture vecchie, l’assenza o quasi di progetti di recupero sono solo alcuni dei fattori che finiscono per rendere il carcere, un buco nero, dove persino vedere i propri familiari nei giorni stabiliti per gli incontri, è una lotta, con le lunghe fila dei familiari che d’alba – come nel caso del casermone di Poggioreale – attendono di vedere il proprio familiare. Incontri, che si svolgono poi in una sala colloqui fatiscente e troppo piccola per accogliere i tanti familiari.
“La sala colloqui di Poggioreale – ha affermato Leo Beneduci, segretario nazionale del sindacato Osapp – è la peggiore, in uno spazio di 300 metri quadrati entrano fino a 1.500 persone tra cui tantissimi bambini. Nel corso dell’ultima visita era guasta anche l’aria condizionata è la situazione era invivibile. Molti agenti erano costretti a lavorare a dorso nudo”. In una situazione di vita carceraria sempre più esasperata, sia per i reclusi sia per le guardie chiamate ad assicurare il servizio di vigilanza. Perché i numeri, quelle cifre che traducono immediatamente il dramma della vita carceraria, riguardano non solo i detenuti ma anche gli agenti penitenziari che, come ha ricordato Beneduci, “per mancanza di psicologi e altre figure professionale, l’agente è chiamato a svolgere non solo il lavoro di scurezza all’interno delle carceri”.
“L’agente di polizia penitenziaria – spiega Beneduci – è spesso anche la figura che ascolta il detenuto, che fa da intermediario, la persona a cui rivolgersi per ottenere informazioni”. Gli agenti di polizia penitenziaria sono, infatti, il 30 per cento in meno rispetto al numero previsto. Un’effettiva mancanza di personale che in Campania si attesta sulle mille unite in meno rispetto a quelle previste dalla pianta organica; ciò determina una distribuzione di turni di lavoro estenuanti con conseguente aumento di stress e malessere.
“Nei turni di notte – ha continuato Beneduci – c’è di solito un unico agente per reparto, una situazione preoccupante, occupandosi di più aree del carcere, un solo agente non è in grado di fornire la sicurezza necessaria. I mezzi di trasporto in dotazione al corpo, quando sono funzionati, sono comunque usurati. Inoltre, non ci sono i soldi per pagare la revisione. Situazione che ha riguardato anche il carcere di Secondigliano, dove sono stati fermi 80 mezzi perché non c’erano fondi per effettuare la revisione, è stato poi trovato un accordo con un centro, che ha permesso il pagamento dopo un anno e ora quel debito va pagato”.
Ma c’è chi porta lo sport tra i detenuti campani
Gli sforzi per migliorare le condizioni dei detenuti, però, sono sempre maggiori e anche se sembrano una goccia nel mare si cerca di fare qualcosa di concreto. Tra le cose positive è da inquadrare il progetto “Iniziative sportive negli istituti penitenziari campani anno 2013″, che nasce dalla collaborazione tra il Coni e il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria. Iniziativa che è stata nei giorni scorsi nella sala convegni Giuseppe Salvia.
Le attività, infatti, sono già in corso in varie carceri in Campania. Il progetto è iniziato lo scorso settembre ed è tuttora in corso nelle strutture detentive di Secondigliano, Pozzuoli e Poggioreale e in altri 12 istituti campani. Il programma prevede due lezioni bisettimanali da due ore, tenute da tecnici volontari che insegnano varie discipline sportive all’interno delle mura del carcere. “Il sostegno a chi sta in carcere – aveva detto Tommaso Contestabile, provveditore dell’amministrazione penitenziaria della Campania – è anche vicinanza e confronto con persone esterne al carcere che offrono il loro tempo e la loro professionalità“. Ad insegnare le regole del basket ai detenuti di Poggioreale ci sono Michele Pinto e Domenico Battaglia che, con i 60 ragazzi dei padiglioni Napoli, Roma, Torino e Milano, hanno instaurato un rapporto di stima e rispetto. “A Poggioreale non ci sono spazi creati apposta per lo sport – aveva spiegato Teresa Abate, direttrice dell’Istituto penitenziario di Poggioreale – ho dovuto adattare gli spazi dei cortili di passeggio per creare i campi da basket”.
Niente bagni per chi ci fa visita
Dal signor Salvatore Di Vaio, detenuto a Poggioreale, riceviamo e pubblichiamo. “Egregi signori, mi rivolgo a voi perché come sempre date voce a chi non ce l’ha, principalmente non cestinando le nostre lettere. Io, come tanti detenuti di Poggioreale, voglio ancora una volta denunciare uno dei tanti disagi passati in sordina. Noi che stiamo qui sappiamo di avere sbagliato calpestando le regole della società, quella società che allo stesso modo calpesta quotidianamente i diritti umani. I problemi sono tanti, ma quello che maggiormente fa rabbrividire è la mancanza di bagni per i familiari che vengono a trovarci e devono restare per ore ammassati in spazi ristretti, senza alcuna possibilità di espletare i bisogni fisiologici. Ciò principalmente a discapito dei bambini, i quali hanno l’unica colpa di essere figli di detenuti. Eppure qui vengono diverse delegazioni, le quali, però, vengono portate sempre nei luoghi più decenti. Sicuri di non essere allontanati, porgiamo i più cordiali e distinti ringraziamenti.
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