di Giovanni Laino, da “La Repubblica Napoli”, 17-03-2013
IL COMUNE di Napoli sta elaborando insieme al ministero per la Coesione territoriale un piano straordinario per Napoli per il miglior uso possibile delle risorse del Piano d’azione coesione, e per l’orientamento della programmazione dei fondi europei 2014 — 2020, con l’intenzione condivisa di concretizzare le linee espresse dal ministro Barca: chiara individuazione degli obiettivi, controllo del monitoraggio e della valutazione, reale partecipazione alle politiche pubbliche e, cosa molto rilevante, attenzione a quello che è già in cantiere. I lavori nei servizi alle persone e nelle attività culturali vengono indicati con particolare attenzione. I documenti in lavorazione sono pieni di buonsenso e forse saranno rafforzati da una riorganizzazione degli uffici interni al Comune, come pure da scelte di migliore governance locale che il sindaco ha annunciato.
È necessaria però una più evidente consapevolezza degli esiti della crisi locale: molte organizzazioni del terzo settore e dell’industria culturale in senso ampio sono sull’orlo del fallimento. Ci sono diverse responsabilità. Forse in alcuni casi, pur con costi umani e sociali molto sgradevoli, è inevitabile che alcune imprese chiudano i battenti. È certo però che i ritardi nei pagamenti da parte degli enti locali, il sostanziale blocco negli ultimi due anni di molte attività, il cumulo di interessi passivi che le organizzazioni hanno maturato verso le banche, sono le principali cause e alcuni dei peggiori effetti del dissesto che gli enti locali di fatto stanno socializzando all’esterno con i fornitori.
La chiusura di un’associazione, di una cooperativa sociale, di un’impresa teatrale implica la distruzione di esperienze e quindi di un capitale di attrezzature e competenze costruiti in decine di anni, con persone che dovranno cambiare lavoro, andandosene non di rado altrove. Bisogna chiedersi quindi se ha molto senso lanciare nuove attività, promettersi di incubare nuove imprese, lasciando morire quelle esistenti che hanno un capitale tanto rilevante. Domandarsi se sia equo e intelligente lasciare la selezione di tipo malthusiano solo alle logiche del mercato, sempre contaminato, soprattutto da noi, da pratiche opportunistiche, discrezionalità nel rispetto delle regole, in due parole: facendo figli e figliastri.
Da tempo cerco di sensibilizzare esperti e responsabili delle politiche su di una bozza di proposta. Innanzitutto, governo, Regione e Comune devono risolvere la questione del superamento del predissesto, assicurando in tempi certi il pagamento degli arretrati ai fornitori e pagamenti in tempi brevi delle nuove forniture. Le imprese in crisi potrebbero essere aiutate a formulare piani di razionalizzazione e rilancio delle loro attività, ottenendo in cambio, a fondo perduto, la copertura di gran parte del debito per interessi (che le banche dovrebbero almeno in parte scontare). Questo consentirebbe di non lasciare il tutto in balia di una massa di procedure di liquidazione ove come sempre i più deboli e i meno scaltri (persone ed organizzazioni) avranno le mazzate peggiori. Si dovrebbe invece consentire un riposizionamento di molte imprese effettivamente meglio dotate e più sostenibili per il futuro.
La copertura delle spese per interessi è inferiore alla massa di soldi che, da parte del governo come di alcune fondazioni che sostengono “progetti innovativi”, rischia di essere sprecata per belle intenzioni promettenti quanto difficili da attuare. Un investimento in tal senso avrebbe una grande rilevanza in termini di impatto occupazionale, risollevando migliaia di napoletani che vivono una spirale di progressiva depressione che certo non aiuta né a vivere nella crisi né a superarla. Ignorare questo profilo della crisi del welfare nelle città meridionali significa di fatto due cose: o si è convinti che la selezione — tutt’altro che — spontanea del mercato sia il miglior modo di attraversare la crisi che secondo questa falsa prospettiva salverebbe i migliori, oppure di fatto si finisce per essere superficiali se non collusivi, ignorando alcuni dati della situazione attuale. Con onestà e intelligenza politica si può costruire una strada più equa che fa tesoro delle migliori risorse preesistenti.
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