Trascrizione dell’intervista settimanale di Radio Radicale del 1 marzo del segretario di Radicali italiani Mario Staderini. In studio Dino Marafioti
Non possiamo non iniziare dalla notizia della settimana: l’esito di queste elezioni. Esito sicuramente inaspettato e foriero di novità e insegnamenti un po’ per tutti…
Esito frutto dell’antidemocrazia italiana, il frutto avvelenato di un sistema capace, in questa occasione elettorale, di sublimare tutte insieme le peggiori caratteristiche di negazione dei diritti civili e politici che abbiamo documentato in questi decenni. Questa volta però sono convinto che si siano iniziati a produrre quegli anticorpi utili per il futuro non solo ai Radicali, ma a tutto il sistema. Chi ha creduto di approfittare di uno status quo nel quale vige la legge del più forte e le regole non hanno alcun valore, sicuramente è stato battuto. Mi riferisco al Partito democratico, riconosciuto da tutti come il grande sconfitto in queste elezioni, che ha inanellato una serie di errori partendo dal presupposto che non fosse poi così importante restituire al nostro Paese il rispetto delle regole, dello stato di diritto e della democrazia quale migliore garanzia a favore della vittoria dei migliori e della tutela dei più deboli. Ad esempio, anziché lottare per una legge elettorale a doppio turno alla francese, sfidando su questo il Pdl di Berlusconi e facendogli assumere la responsabilità di essere stato il creatore del Porcellum, il Pd ha pensato di usarla a proprio vantaggio, al massimo con qualche modifica proporzionalista che favorisse l’accordo centrista. E ancora: è stata nuovamente sottovalutata la questione delle firme false, cioè l’importanza delle regole d’accesso alle elezioni. Si lasciato che si verificassero ancora situazioni oscure, dato che le firme non vengono controllate in maniera seria o lo si fa solo quando sono i Radicali a chiederlo (vedi Maroni in Lombardia). Anche questa volta si è lasciato che ci fossero 30 partiti a queste elezioni con situazioni dubbie, e in questo modo si è creato il presupposto perché non si potessero fare in tv quei confronti all’americana che avrebbero consentito effettivamente di parlare di programmi e di contenuti. E ancora, sempre per ciò che riguarda l’informazione, hanno pensato che affidarsi a Ballarò, a Fabio Fazio, a tutte quelle trasmissioni che riescono ad avere un impatto comunicativo perché parlano a milioni di ascoltatori, fosse sufficiente per battere Berlusconi, al quale per anni erano stati lasciati, oltre alle sue televisioni, anche i telegiornali. Ebbene, la dimostrazione storica di queste elezioni è che chi ha voluto credere di potercela fare indipendentemente dal ritorno per tutti al rispetto delle regole democratiche è stato in realtà battuto, perché proprio sul campo delle irregolarità Berlusconi è il più grande di tutti ed è un maestro – aiutato dal suo conflitto di interessi ovvio – nell’utilizzo della comunicazione fuori da ogni norma di legge. Per non parlare poi del ripetersi dell’altro errore: fare a meno dei Radicali, decisivi nel 2006 con La Rosa nel pugno proprio per battere Berlusconi, e di qualsivoglia elemento di sinistra liberale. Fino a quando le condizioni saranno queste, i risultati non potranno che essere perdenti per chi continua ad avvalersene e anche per tutti quanti gli italiani.
Parliamo del risultato elettorale della lista amnistia, Giustizia e Libertà. Come lo commenti?
Vale la pena ricostruire lo scenario: nel momento in cui si è ufficializzata la listaamnistia, Giustizia e Libertà come lista di scopo il percorso era già chiaro. La forza della lista di scopo era quella di introdurre in campagna elettorale, a prescindere dall’elemento di antidemocraticità, un tema altrimenti assente: quello della giustizia e del diritto come primo passo per ricostruire il Paese. Che poi la lista di scopo potesse avere anche l’ambizione di inserire questo tema nel prossimo Parlamento, e quindi di essere competitiva a livello elettorale nonostante si trattasse di elezioni antidemocratiche, era subordinato a due condizioni: primo, che ci fossero personalità in grado di aiutare la lista di scopo a superare tutta una serie di traversie che sapevamo avremmo incontrato – e su questo c’è stato lo sciopero durissimo di Marco Pannella. Secondo, che fosse accettata la richiesta di ospitalità in modo tale da vedere ridotta la percentuale di sbarramento per potere entrare in parlamento. Ebbene, venute meno le personalità che avevano inizialmente aderito, e venuta meno anche la possibilità di essere “ospiti” di una coalizione, è stata una conseguenza naturale -anche per l’assenza della lista in numerose regioni- l’impossibilità per la lista amnistia, Giustizia e Libertà di poter competere a livello di voti. Il risultato in quanto tale, quindi, non sorprende. Cosa diversa è immaginare cosa sarebbe potuto accadere se ci fosse stato un altro tipo di progetto. Può sicuramente essere importante discutere anche di questo, e sono certo che il mondo radicale si dedicherà all’analisi, ma credo che piuttosto che disperdere energie dobbiamo convogliarle in un progetto di alternativa che possa superare le condizioni di antidemocraticità.
Gli scenari sono tutt’altro che chiari: se da una parte c’è un’offerta del Pd a Grillo, Grillo ha risposto con insulti. C’è stata poi un’altra strana apertura di Grillo nei confronti del Presidente della Repubblica. Tu come leggi tutta questa situazione?
Il risultato elettorale in parte era atteso: che il Pd non avesse il 34% che i sondaggi dei mesi precedenti gli attribuivano lo avevamo previsto e documentato con il professor Romano Scozzafava attraverso la nostra inchiesta che spiegava il rapporto viziato tra media e sondaggi. Certo, arrivare al 25% è stato un flop clamoroso, anche se nei 50 giorni di campagna elettorale l’unica cosa che si è capito di Bersani è che avrebbe fatto un accordo con Monti. Quanto a Grillo, venerdì 22 febbraio sono stato anch’io a piazza S. Giovanni: era effettivamente una bella piazza, mi sono fermato a parlare con alcuni dei presenti che mi avevano riconosciuto e accolto con favore. In quel momento ho subito detto: “altri 3 giorni di campagna elettorale e Grillo avrebbe vinto le elezioni”. Per un motivo molto semplice: la forza dello strumento di Grillo è quello di aver percepito e ben aggregato quelli che sono i blocchi sociali che oggi si contrappongono: da una parte un blocco fatto di persone sotto i 40 anni e che si vedono un futuro in cui pagheranno il 50% di tasse in più di chi li ha predeceduti, che avranno la pensione non prima dei 74 anni e che ammonterà si e no alla metà dell’ultimo stipendio, dopo aver vissuto in un Paese devastato, consumato a livello ambientale, a livello democratico o di legalità. Grillo tra l’altro ha cooptato anche una gran parte dei voti provenienti dalla generazione degli esodati e dalla classe delle piccole e medie imprese. Dall’altra parte abbiamo gli altri due blocchi sociali: coloro che hanno tratto vantaggio dal sistema di governo berlusconiano, e coloro che trovano convenienza nel mantenimento dello status quo, che non hanno pagato un costo sociale in questi due anni di crisi e che rientrano in determinate categorie, come ad esempio quelle dei pensionati o dei dipendenti pubblici. Su questo si è giocato il successo di Beppe Grillo.
Noi abbiamo i dati di Gianni Betto che dimostrano quanto ancora una volta l’invasione di spazi televisivi ha predeterminato la partita. E non può essere negato che la listaamnistia, Giustizia e Libertà ha avuto uno spazio infinitamente inferiore, anche rispetto alle liste che erano parigrado, come Rivoluzione civile o Fare – Per fermare il declino, tale per cui la differenza di risultato tra la lista amnistia, Giustizia e Libertà e le liste che sono state invece “promosse” televisivamente rende ancora più spiegabile quello che è successo.
Nel caso di Grillo c’è sicuramente stata la capacità di conquistarsi una comunicazione in proprio, cosa che ha fatto tramite la rete sin dagli anni scorsi e spendendo la sua credibilità personale; di escogitare anche una strategia per creare degli anticorpi contro il sistema del regime televisivo, e quindi la “scelta” di non dare interviste e la scelta di conquistarsi attraverso le piazze il diritto a essere presente nell’ultima settimana della campagna elettorale che sappiamo essere quella ideale per convincere gli indecisi.
Dall’altra non c’è dubbio che in questi anni la credibilità di Grillo non sarebbe esistita se i vari Santoro non avessero, nei momenti chiave, consentito grandi ascolti in quella formula unica che sono le sue invettive. La questione dei blocchi sociali, però, è quella che che rimarrà anche nelle scelte che riguarderanno il nuovo governo: non c’è dubbio che Grillo non voterà nessuna fiducia, non c’è dubbio che l’unica possibilità che rimanga in piedi un governo è che il Pd accetti quello che hanno contestato tante volte i Radicali, cioè di sedersi al tavolo col diavolo, con Berlusconi, per un governo Renzi o per un governo tecnico. Ci si potrà aspettare delle novità dal fatto di avere un parlamento con più donne e con un’età inferiore. La grande forza di Grillo è stata, oltre la questione democrazia, la questione ambientale: se andiamo a vedere le regioni in cui Grillo ha avuto risultati migliori si tratta di regioni in cui a livello ambientale c’è stata la distruzione di tutto, come per esempio in Liguria. Questo è un aspetto sul quale si sono molto concentrati e per il quale sarebbe del tutto impossibile pensare a un governo di Passera. La generazione e la cultura di Passera, ad esempio, non è in grado di comprendere che il trasporto su gomma deve essere ridotto in favore del trasporto su toraia e della mobilità sostenibile, non è in grado di comprendere che il nostro sistema produttivo deve essere riconvertito in senso ecologico, anziché andare avanti con le trivelle di petrolio o con le infrastrutture, perché ancora oggi la generazione di Passera vede nell’edilizia che consuma il territorio l’unica soluzione a tutti i nostri problemi.
Per puntualizzare: tu accennavi alla possibilità di un governo di grande coalizione…
Il problema è la fiducia. Grillo non darà mai la fiducia per un fatto evidente: per il significato politico che ha. La fiducia la deve dare esclusivamente il Pdl, per cui il Pd dovrà trovare delle condizioni che gli sono più digeribili. Questo vorrà dire un passo indietro di Bersani? Vorrà dire un governo tecnico? Qualcosa si inventeranno, altrimenti si dovrebbe riandare al voto e riandare al voto in questo momento non conviene a nessuno: non conviene né a Berlusconi e né a Bersani, che dovrebbe andare via e lasciare il posto a Renzi. E non converrebbe neanche a Grillo perché riandando a votare dimezzerebbe i voti che ha ottenuto questa volta. Mi piacerebbe che da Grillo arrivasse una sorpresa.
Questa apertura a Napolitano come la leggi?
Napolitano è quello che ha ancora in mano la regia della situazione, ma è anche quello che ha perso più potere nel senso che nel Pd sono in molti a non dare più alcun peso a quello che dice Napolitano perché è un presidente in uscita e perché non gli ha permesso di andare alle elezioni dopo la caduta di Berlusconi. Beppe Grillo cerca una sponda che vada contro quelli che vorrebbero farli saltare. Faccio un esempio: quelli che nel Pd sono contro Napolitano, o meglio lo considerano uno a cui ormai non bisogna più dare retta, sono gli stessi che in alcun modo vorrebbero un accordo per il governo a maggioranza Pd-Pdl-Monti, che è l’unica possibilità che ha Beppe Grillo per cercare di rimanere in campo senza andare subito a votare. Questa è una partita molto politica, molto partitocratica, e vedremo cosa accadrà. Mi dispiace solo una cosa: il M5S aveva la possibilità di essere determinante per realizzare quello che per tanti anni gli italiani hanno voluto, ma che la partitocrazia non ha mai permesso, e cioè avere un presidente della Repubblica che avesse il diritto, le regole, le istituzioni al proprio centro, e cioè Emma Bonino. Purtroppo Beppe Grillo sarà proprio determinante per impedire che Emma Bonino arrivi alla presidenza della Repubblica perché lui stesso sul suo blog ha criticato già un anno fa la possibilità di avere Emma al Quirinale. Spero cambi idea.
Mi interessa pure una questione, guardando anche a destra: la procura di Napoli ha aperto due indagini su Berlusconi. Si sta riaprendo il mai sopito braccio di ferro tra Berlusconi e le procure?
Da una parte mi verrebbe da dire già visto, già vissuto e purtroppo da rivivere. Ho parlato prima dei due blocchi conservatori dello status quo che hanno votato per Berlusconi o per Bersani e il blocco di rottura, di cambiamento che ha votato per Grillo. C’è in realtà un tema che potrebbe unire tutti e tre questi blocchi nella ricerca di una soluzione che è la questione sociale che noi riteniamo essere la più rilevante nel nostro Paese, che è quella del mancato funzionamento della giustizia. Questo tema è stato cancellato e rischiamo che continui a essere cancellato grazie alla riproposizione delle leggi ad personam e dei processi ad personam di Berlusconi. È uno schema che conviene a entrambi: a Berlusconi, per ridarsi ogni volta una verginità politica, e agli anti-berlusconiani che su questo hanno campato. Io spero che ci saranno le possibilità da qui al 23 marzo per far sì che invece di parlare di questo si parli veramente di giustizia.
Da qui al 23 marzo sono attese tre sentenze che lo riguardano…
Diciamo che il pronostico è assoluzione su due e condanna per una. Credo comunque che la manifestazione del 23 marzo alla fine non ci sarà.
Abbiamo pochissimo tempo, ma vorrei trattare il tema del conclave, perché dalle 20 di ieri sera c’è la sede vacante. Volevo chiudere su questo…
È curioso vedere questo parallelismo: nello stesso momento si trovano sia lo Stato italiano che lo Stato vaticano in una situazione di incertezza assoluta rispetto alla governance di entrambi gli Stati. Io su questo posso rinviare, vista anche la brevità del tempo a disposizione, al mio articolo su Gli Altri, il settimanale di Sansonetti, in cui cerco anche di tradurre in maniera concreta l’opportunità per la Chiesa cattolica di liberarsi dal potere temporale per far tornare il magistero spirituale al centro della vita della Chiesa. Per questo credo sia utile avere un Papa che si chiami Francesco I, come S. Francesco d’Assisi, e in questo modo liberare dal potere e dall’oro (che vuol dire fare in modo che un Papa non debba più occuparsi dello Ior o delle immense proprietà immobiliari e finanziarie in giro per il mondo) e creare un fondo per abolire la miseria da far gestire all’Onu in cui far confluire tutte le ricchezze vaticane e che possa essere un esempio per tutto il mondo. A questo punto un Papa di questo tipo farebbe la massima opera possibile per consentire al potere spirituale di essere libero dal potere temporale. Sono utopie queste? Non lo so, ma se dovessimo andare a guardare le condizioni con cui si è arrivati alla nomina dei cardinali ovviamente sono tutti in sintonia con i magisteri conservatori di Ratzinger e di Woitila in cui, ad esempio, le donne sono state cancellate. Io credo che ci siano anche le possibilità di un’operazione opposta che faccia ritornare alle origini del Cristianesimo, quel Cristianesimo che per esempio vedeva l’elezione diretta dei vescovi con il coinvolgimento anche della comunità dei fedeli e con ruoli di leadership da parte delle donne. Ora non credo che tra i cardinali non ci sia una figura di questo tipo, però credo che sicuramente ci sia all’esterno. Non è un caso che vadano anche ripresi i fondamenti del diritto canonico che consentono a qualsiasi persona battezzata, celibe e di sesso maschile di essere eletta papa, quindi non necessariamente deve essere un cardinale di quelli che stanno nel conclave, ma non deve neanche essere necessariamente un sacerdote. Sembra un’utopia, ma conviene sperare.
In conclusione, quali sono gli appuntamenti futuri?
Abbiamo domenica prossima una direzione di Radicali italiani per discutere degli impegni successivi che ci consentiranno di riprendere delle iniziative. I parlamentari stanno organizzando una serie di visite ispettive nelle carceri per rilanciare la campagna sull’amnistia. A partire dal 15 marzo inizierà la raccolta firme sull’eutanasia voluta dall’Associazione Luca Coscioni; ci sono poi tutta una serie di battaglie referendarie sulle quali lavoreremo nelle prossime settimane. Continueremo anche a presentare i ricorsi all’Osce e alla Corte europea come abbiamo già fatto per richiedere il monitoraggio delle elezioni che abbiamo appena avuto.
*Trascrizione a cura di Valeria Rasi
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