di Norberto Gallo, da www.napolionline.org, 27/02/2013
NAPOLI - Claudio Velardi, lobbista, comunicatore ed osservatore della politica italiana, commenta dal twitter il giorno dopo le elezioni: «Provate a dare uno sguardo ai Tg. A occhio e croce, in giornata Grillo ha guadagnato tra i 5 e 10 punti».
«No, sono preoccupato da Bersani che dopo il risultato elettorale non trova di meglio che rincorrere Grillo sul suo terreno amplificando ulteriormente la sua vittoria»
Quindi anche per lei il vincitore è Grillo.
«E certo. I dati sono sotto gli occhi di tutti ed è perfino superfluo commentarli. Grillo arriva al 25% partendo da zero, secondo in classifica Berlusconi che ha recuperato oltre ogni aspettativa, lo sconfitto è Bersani seguito a ruota da Monti. Questo è il quadro poco interpretabile»
Dalle urne viene fuori un’Italia tripolare
«Io questo non lo so, perchè l’elettorato di Grillo è allo stato nascente e non si può sapere ancora che evoluzione avrà, se si stabilizzerà oppure no. Il problema è un altro, però»
Quale?
«Il nostro bipolarismo è inventato. Dal dopo tangentopoli abbiamo costretto dentro la gabbia bipolare un sistema politico che non era strutturalmente bipolare e che continua a non esserlo perchè ci siamo limitati a fare solo delle leggi elettorali ma non abbiamo fatto tutto quello che si fa per avere i sistemi bipolari veri, a partire dalla legittimazione che i poli tra di loro si danno».
E ora che i poli potrebbero essere tre?
«Più che di sistema tripolare adesso parlerei di un sistema che andrebbe resettato punto e a capo. Bisognerebbe fare una nuova legge elettorale proporzionale con un forte sbarramento per ricominciare a stabilire chi sta con chi e lasciare che i cittadini possano scegliere una forza politica nell’interezza del suo profilo».
Torniamo al desiderio di Bersani di abbracciare Grillo
«Questo è un errore catastrofico specialmente se abbinato all’altro errore enorme che ha fatto Bersani ieri in conferenza stampa»
Ovvero?
«Io non contesto a Bersani le cose che ha detto nella conferenza stampa. Lui ha preso un voto in più di quesgli altri e quindi si deve adoperare per dare un minimo di governo al Paese. Se si fa con Grillo o con Berlusconi non è importante. Il problema è che avrebbe dovuto dire prima di tutto, per essere legittimato lui a fare queste cose qui nei prossimi mesi: “signori io ho fallito, me ne vado. Finita questa fase convoco gli organi del partito mi dimetto e passo la mano”. Questo è il punto cruciale, perchè in questo modo avrebbe chiarito che in questa fase di transizione si adopera per cercare di mettere una pezza, ma il giorno dopo mette la sinistra nelle mani di qualcun altro»
Lei pensa a Matteo Renzi, vero?
«E’ ovvio che quel qualcun altro non può essere che Renzi. E invece così facendo, immaginando le alleanze con Grillo, Vendola che torna in mezzo e riconquista il diritto alla parola dopo essere scomparso come partito, non fa altro che accrescere la confusione e il caos. Oltretutto finita questa fase di costruzione del governo, Bersani o se ne va o verrà cacciato, mica ha un futuro come leader della sinistra che verrà?»
Torniamo a Grillo. C’è un bel pezzo di movimentismo di estrema sinistra che lo appoggia, ma anche una quantità enorme di analisi che dicono che è di destra.
«Nel fenomeno Grillo c’è tanta roba ed è sostanzialmente ancora inesplorato. Le prime indagini sui flussi di voto ci dicono che raccoglie consensi più o meno per metà da sinistra e per metà da destra. Io vedo nell’elettorato di Grillo una buona dose di pragmatismo. Certo che protestano, ma è anche chiaro che l’elettore di Grillo vorrebbe che si facessero poche cose concrete. Le cose più complicate, come il no all’Europa e cose del genere, sono parte di un’identità, ma non sono il centro dell’agenda politica del Movimento. Sono convinto che ora che sono in Parlamento e si troveranno davanti i problemi dell’attività legislativa, cominceranno a fare i conti con la realtà, con le cose concrete».
Da professionista, le è piaciuta la comunicazione di Bersani?
«Triste… tristissima… e non ci voleva manco la zingara per capire che tra il giuaguaro da smacchiare e quella patina retrò, non avrebbe pagato. Però ad un certo punto, quando pareva che stesse per vincere, che era il vincitore predestinato, ha prevalso il conformismo degli operatori della comunicazione italiana che hanno cominciato a vedere anche in questo degli aspetti interessanti. La realtà è che Bersani ha sempre trasmesso un’idea di tristezza sconfinata, per le cose che diceva e per come le diceva. Tutto al servizio di una strategia che ha avuto una sua coerenza: lui era l’usato sicuro. Non è che poteva presentarsi bello, scintillante, perchè appunto è usato, anche se sicuro».
E quella di Berlusconi?
«Io penso che Berlusconi ha realizzato questo buon risultato semplicemente perchè dall’altra parte c’era Bersani. Per me Berlusconi è politicamente finito da tempo. In queste elezioni ha fatto il suo canto del cigno perchè è un grande della comunicazione, ma soprattutto perchè c’era un terreno favorevole che erea Bersani dall’altra parte. Non ci fosse stato, come lui stesso ha detto, non ci avrebbe pensato neanche lontanamente a scendere in campo…»
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