Voglio raccontarvi la storia di cinque anni trascorsi come presidente del Comitato permanente sui Diritti Umani della Camera dei deputati. L’Italia è apparsa molte volte come parte attiva nella difesa dei diritti umani nel mondo, ma solo attraverso le reti di volontariato presenti e attive anche nelle situazioni più difficili da immaginare e attraverso l`attività dell’unico partito italiano che non si ferma ai confini nazionali. Parlo dei Radicali che, dal Tibet dei monaci perseguitati alla vicenda quasi ignota del popolo Uiguro (minoranza islamica nella regione dello Xinijang in Cina) funzionano come agenti investigatori e pubblici accusatori delle violazioni più frequenti e più gravi. È una strana esperienza, quella delle audizioni del Comitato sui Diritti Umani. È come se all’improvviso si aprisse una botola che ti fa precipitare su vicende tragiche e incredibili che però sono appena avvenute o stanno avvenendo adesso, o sono storia recente e mai rivelata.
È ciò che è accaduto quando si è presentato il reverendo Moissié Zerai, un prete cattolico eritreo che aveva un’informazione da dare: ci sono ostaggi in vendita nel deserto del Sinai. Sono eritrei prelevati dalla Libia e dalle paurose carceri di Gheddafi, hanno tentato di arrivare in Italia (dove avevano diritto di asilo politico) ma sono stati intercettati in mare, incatenati, ceduti ai predoni, che li hanno portati nel Sinai e messi in vendita a diecimila dollari per ogni prigioniero. Nell’attesa, spiega il prete, vengono torturati, uno è già morto. Gli altri aspettano che qualcuno faccia un’offerta. È ciò che accade quando chiede audizione un gruppo di donne argentine dell’Associazione Madres de Plaza de Mayo.
Tutte hanno figli o nipoti desaparecidos ovvero vittime dell’atroce morte bianca negli anni della dittatura militare, quando i generali fascisti (Videla, Viola) tetri campioni di un fascismo di cui non si parla mai, facevano scomparire i “comunisti”, specialmente giovani, specialmente ragazze incinte a cui rubare i figli prima di uccidere, spesso buttando i corpi di persone vive dagli aerei in volo. È la storia che racconta al Comitato la signora Vera Vigevani Jarach. È ancora cittadina italiana, benché l’Argentina sia stata, come per molti ebrei italiani scampati in tempo al fascismo razzista italiano, il rifugio per la sua famiglia e per lei, bambina. Sua figlia era una ventenne “comunista” e in attesa di un figlio, quando è stata arrestata e fatta sparire. Dunque c’è un nipote o una nipote che crede di essere nato nella famiglia di qualche ex ufficiale o ex alto burocrate del regime argentino, e che invece appartiene alla famiglia della signora Jarach, che il fascismo ha colpito due volte.
Spetta all’Italia proteggere i cittadini italiani. La signora Jarach è qui per chiedere l’aiuto di cui ha diritto. È ciò che avviene quando si presenta un gruppo di madri tunisine. Sanno che i loro figli si sono salvati da un violento respingimento in mare, davanti a Lampedusa. Hanno le foto e i verbali dei carabinieri da cui i ragazzi risultano vivi e in buone condizioni. Adesso nessuno dei loro nomi risulta negli elenchi italiani, nessun contatto è più stato possibile, le autorità negano tutto, comprese le ben visibili prove dell’arrivo e della presenza in Italia, che le madri esibiscono e che affidano al Comitato. È a questo comitato che Carlos Alberto Cruz Santiago, di professione cocaleros, racconta del giorno in cui ha abbandonato la droga e deposto le armi e si è dedicato (come fa adesso, con gravissimo rischio) a fermare i ragazzi che vanno volontariamente ad arruolarsi per avere armi e danaro. I rappresentanti del Consiglio della Resistenza iraniana non hanno potuto essere accolti e ascoltati in un’aula del Parlamento fino a quando il nome di quel gruppo è stato rimosso dalla lista del terrorismo internazionale. Per quanto sembri assurdo, erano in quella lista su richiesta dell’Iran (contro il cui regime combattono) fino a quando gli Stati Uniti li hanno cancellati dalla lista. Chiedono di testimoniare in aula su ciò che accade ogni giorno in Iran. In Cina, ci raccontano gli attivisti della minoranza islamica uigura duramente perseguitata dalla polizia e dal governo cinese, il poeta nazionale Nurmenet Yasin è appena stato ucciso in prigione.
Eppure, madri e padri disperati di quella minoranza ribelle erano stati portati qui (giugno 2012) dal deputato radicale Mecacci per invocare che qualcuno fermasse le mani dei boia cinesi. Non avevano calcolato la grandiosità degli interessi commerciali nei rapporti fra Repubblica cinese e democrazie del mondo.
Domanderete: i risultati? Sono preghiere che si uniscono alle preghiere, testimonianze che si uniscono alle testimonianze. Conoscendo i governi, starei attento a usare la parola speranza.
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