diGiuseppe Manzo, da www.fanpage.it [3], 31-01-2013
Antonio Minichini, 19 anni. Gennaro Castaldi, 20 anni. Ciro Varrello, 24 anni. In mezzo Ciro Valda, 34 anni. Quattro morti ammazzati nella periferie orientale di Napoli in 18 giorni, uno ogni quattro. Età media: 24 anni. Una generazione resta a terra nei quartieri a est della città, stuprati dal disastro ambientale, dalla dispersione scolastica, dal tasso di disoccupazione e dal controllo dei clan. Eppure nessuno si scandalizza o nomina la parola faida. Ed è anche giusto, perché i tre agguati in questione hanno ragioni diverse. Lascia però perplessi il completo disinteresse politico-mediatico verso un’area storica e importante di Napoli. Su queste zone non si innesca il meccanismo Scampìa dove maitre à penser nazional popolari lanciano i loro anatemi, la borghesia più o meno collusa s’indigna o scrittori-attori stridono per fare la fiction strapagata. Ma nella periferia nord il collasso del trasporto pubblico ha tagliato fuori dai collegamenti con il centro chi quotidianamente si sposta per lavoro, studio o in cerca di spazi sociali.
Sembra non esserci la volontà di capire quali trasformazioni siano avvenute nella ex zona industriale tra San Giovanni, Barra e Ponticelli. Negli ultimi venti anni i tre quartieri hanno subito la consumazione della dismissione industriale. Il tessuto operaio è andato gradualmente sgretolandosi, provocando la lenta implosione. Dalle decine di migliaia di operai che accorrevano nelle fabbriche ogni giorno, ora si contano le centinaia di figli che emigrano verso le regioni del Nord. E sono quelli più scolarizzati ad andar via, diplomati e laureati. In alcuni vanno i più giovani vanno via già per ragioni di studio. E sul terreno restano le macerie di quelli che furono i quartieri della prima Casa del popolo del Sud e dove nacque Amedeo Bordiga; macerie di rioni dove il pci-pds-ds-pd godeva da solo del 50-60% dei voti attraverso la rete delle associazioni e dei circoli giovanili; macerie di un territorio che Bassolino amava definire “svizzero” e dove Napolitano organizzava le sue passeggiate da ministro degli Interni per andare a salute i vecchi amici.
Eppure le avvisaglie erano già arrivate quando nel 2008 scoppiò l’ignobile rivolta contro i campi rom di Ponticelli, capeggiata dagli stessi esponenti della “sinistra” e legittimata dall’attuale capogruppo regionale del Pd Peppe Russo. Il sangue di questi 18 giorni non è un caso. Certamente la droga o la vendetta trasversale oppure la pietosa ascesa di boss sbarbatelli sono tra i motivi del fuoco. Chi oggi amministra deve capire che questo pezzo di terra tra il mare di San Giovanni e i campi di frutta di Ponticelli ha perso riferimenti, coesione e unitià ideale. I venti anni trascorsi tra le fine della prima repubblica e il bassolinismo hanno prodotto un ceto politico rozzo e al limite della collusione, incapace di andare oltre la sagra di paese o la feste post elettorale. C’è qualcuno che ancora oggi siede nel Consiglio comunale e che nel 2001 prometteva il mare balneabile nel giro di 10 anni. Il risultato è la linea di costa più inquinata d’Italia su cui insiste una centrale a Turbogas, il polo petrolchimico che ogni santo giorno diffonde nell’aria il lezzo nauseabondo dei suoi scarichi e la presenza di discariche a cielo aperto sotto i viadotti dell’autostrada.
In questo stesso decennio si è verificata la fuga delle menti più giovani che hanno abbandonato la vita sociale di quei quartieri o sono andati a vivere altrove. Chi è rimasto ed è impegnato sulla strada subisce intimidazioni e attacchi come per la Nuova Casa del popolo di Ponticelli che a inizio anno ha contatto i fori dei proiettili sparati nel portone. Oggi restano alcuni presidi resistenti, dal circo sociale di Barra e dall’associazionismo di Ponticelli al Piccolo principe di San Giovanni fino alla rete di alcune parrocchie impegnate con i minori e le famiglie povere. Il resto della popolazione non c’è o si nasconde. Perché la storica Teodosia, punto iniziale del tour dell’antico Miglio d’Oro, adesso ha solo paura. E questo sentimento di smarrimento e rabbia attraversa tutte le periferie cittadina: il sindaco Luigi de Magistris deve capirlo subito, altrimenti la sua Amministrazione perderà definitivamente la fiducia dei cittadini.
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