da Il Foglio, il 20/12/12
Nordio, procuratore aggiunto di Venezia: “Per quanto riguarda i rapporti tra giustizia e politica, direi che recentemente ci sono degli aspetti positivi, nel senso che quella contrapposizione quasi astiosa che per anni si è avuta oggi si è un po’ mitigata. Se però da questa buona notizia transitiamo sul terreno concreto, le buone notizie si esauriscono lì. Nel senso che non solo non è stato fatto nulla per migliorare la situazione della giustizia, delle carceri, dei detenuti o per accelerare i processi, anzi si è andati nella direzione opposta. Faccio un esempio. Penso che tutti in Italia auspichino la diminuzione della corruzione, la punizione dei corrotti, l’attenzione delle forze dell’ordine e della magistratura nei confronti di questo fenomeno pernicioso. Però, se si pensa di combattere la corruzione istituendo nuovi reati e alzando le pene, questa è una pia illusione. Lo dico a ragion veduta, benché a favore di questa legge si siano schierate tante forze politiche, l’Associazione nazionale magistrati e persone di elevata caratura morale. Io mi permetto di manifestare il mio scetticismo. Ho sempre pensato che non sia attraverso l’inasprimento delle pene e l’aumento dei reati che si combatte la criminalità. La corruzione si combatte attraverso una profonda modifica legislativa, dell’aspetto delle procedure che devono essere semplificate, e dell’aspetto delle competenze che devono essere rese più chiare e trasparenti. Se il cittadino deve bussare a 100 porte, invocando 100 leggi complicate, come accade oggi, è inevitabile che qualcuno alla fine gli faccia sapere che l’ingranaggio si è inceppato e che deve ungere le ruote per farlo ripartire. Se invece dovesse bussare a una porta sola, invocando una legge chiara, sarebbe molto più difficile in questo caso chiedergli la mazzetta. Anche ammesso poi che le maggiori pene funzionassero, questo potrebbe accadere se l’intero sistema penale funzionasse, e invece qui la nota è ancora più dolente perché il sistema processuale penale nostro è sfasciato. E’ sfasciato a tal punto che è di questi giorni la notizia che si vorrebbe reintrodurre, per mancanza di fondi, la scritturazione a mano del processo dibattimentale orale”. “Un processo accusatorio orale, come quello strutturato dal 1989, condotto a mano e con la penna a biro è destinato a fallire”. “Se a questo aggiungiamo la lentezza endemica che si coniuga all’assoluta incertezza della pena, al solito paradosso che in Italia si entra in prigione facilmente prima del processo, quando si è ancora presunti innocenti, e poi magari si esce perché c’è una prescrizione quando si è colpevoli conclamati. E da ultimo, non meno importante, la situazione deplorevole, drammatica, censurata e censurabile, delle nostre carceri. Allora il pessimismo è totale”.
Pannella, leader del Partito radicale: “Adesso il problema vero è l’amministrazione della giustizia italiana, che è deplorata. Uso questo termine perché anche il presidente della Repubblica ha detto ‘proviamo vergogna e orrore’ della situazione odierna, quindi mi permetto anche io di inserire questo elemento che è di sdegno, della corruzione la peggiore – la corruzione intellettuale, la corruzione non democratica”. “Vi sono regioni italiane nelle quali, fra cause civili pendenti che si trascinano e procedimenti penali, abbiamo fino al 15-18 per cento delle famiglie che vengono investite da questa sofferenza, che in realtà è una non-giustizia”. “La legge non è più quasi mai vigente. Le leggi vigenti non sono più, a nessun livello, rispettate. Per sottocultura ma anche per incapacità tecnica”. “Abbiamo 50-80 mila carcerati – perché ci sono anche i poliziotti – che reagiscono a una situazione folle, da anni ’40 tedeschi e nazisti, con nonviolenza, con lo sciopero della fame. Questo io le dico”. Allo stesso tempo “abbiamo un dilagare di dotti narcisi del diritto, senza nessun rapporto con quello che accade. E quindi chiediamo aiuto perché noi cerchiamo di dare corpo, letteralmente, alla legge”.
Nordio: “Le considerazioni fatte sono anche di ordine filosofico. Nella filosofia del diritto – dove io rivelo il vizio di origine di tutto questo sfascio, di cui sono vittime tutti, come ha detto lei, i carcerati, ma anche i poliziotti, le famiglie e anche i magistrati – qual è questa impasse proprio logica e filosofica? E’ che noi continuiamo a privilegiare il carcere, la limitazione della libertà personale, come elemento qualificante ed elemento tipico della sanzione penale. Noi siamo ancora fermi al vecchio sistema di pensare della ‘retribuzione’, che sia proporzionata alla colpa, ma senza tener conto che questa retribuzione possa anche diventare crudele. Non solo in tal caso in contrasto con i principi di umanità delle leggi internazionali e della nostra Costituzione, non solo in contrasto con quello che dovrebbe essere il fine rieducativo che la stessa Costituzione sancisce, ma anche al punto da trasformarsi in ‘pia illusione’. Perché chiunque abbia esperienza di filosofia generale del diritto, di criminologia ma anche di pratica, sa benissimo che non è certo l’effetto deterrente della pena che possa limitare i reati. Lei ha citato gli anni ’40. Allora, le nostre prigioni adesso non sono sicuramente quelle della Prinz Albrecht strasse o della Geheime Staatspolizei, però c’è una cosa da dire: che effettivamente loro erano convinti, per la loro filosofia, che tanto più feroce fosse la pena e tanto più sicuro fosse lo stato. Sono stati clamorosamente smentiti proprio durante la Seconda guerra mondiale quando, nonostante pene rigorosissime come la pena di morte per reati anche minimi come la Borsa nera, ciò nonostante la Borsa nera proliferava”. “Non è l’entità della pena che può servire da deterrente. Noi però ci siamo filosoficamente fermati a questo principio: il carcere, le manette, le sbarre, sono l’elemento qualificante ed elettivo della sanzione penale. E finché questo rimane, non ne usciremo. E perché non ne usciremo? Perché noi abbiamo un tot di reati che continuano a essere commessi, perché abbiamo una pan-proliferazione legislativa che contempla come reati anche fatti bagatellari, come si dice. La stessa guida in stato di ubriachezza – cioè la guida con due spritz a stomaco vuoto – anche quella evoca il carcere. Poi altri reati che intasano i tribunali e le celle. Da questa filosofia antica, noi non siamo riusciti a estrapolare una novità che potrebbe essere quella esattamente opposta: il carcere dovrebbe essere l’extrema ratio, l’eccezione dell’eccezione nella sanzione. Saremmo facilitati a risolvere il problema se già da un punto di vista filosofico ci convincessimo che il carcere rischia di essere non solo inutile ma anche criminogeno, e quindi di provocare una donazione”.
Pannella: “Rischia?”.
Nordio: “Io mi devo esprimere in termini molto più cauti perché sono un magistrato e non un politico. Ma non credo che chi esca dalle carceri, nello stato attuale in cui sono, esca non dico ‘redento’ o ‘rieducato’ – che è già una brutta parola che mi puzza di gulag-ma semplicemente ‘migliore’ di quando è entrato”.
Pannella: “Stiamo facendo di queste carceri i luoghi di una resistenza culturale, umana, civile e politica nonviolenta che non a caso viene totalmente ignorata”.
Nordio: “L’amministrazione della giustizia è la causa e l’effetto di questa filosofia antica, che vede nel carcere e nella obbligatorietà dell’azione penale la garanzia della sicurezza sociale. Non è così, secondo me, neanche da un punto di vista empirico e sociologico”. “L’attuale codice penale è firmato da Mussolini e dal re. Paradossalmente questo codice è rimasto in piedi, mentre quello firmato da una medaglia d’oro alla Resistenza come il ministro Vassalli e da un luminare immenso come Giandomenico Pisapia, cioè il codice di procedura penale, è stato modificato, integrato, soppresso molto di più di quanto non lo sia stato il Codice penale”.
Pannella evoca le modifiche dell’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga: “I comunisti e la sinistra sono stati i maggiori sostenitori, contro la nostra azione, di questi peggioramenti di tipo totalizzante del nostro diritto”.
Nordio: “Avendo indagato, uno dei pochi in Italia, nei confronti di quel partito, preferirei non esprimermi. Anche se mi sento di contraddirla nel senso che il Partito comunista negli anni 70 intanto ha agito molte volte in situazioni di emergenza, come nel caso Moro, e in sintonia con la Dc; ma io poi non circoscriverei la responsabilità a questo o a quel partito, per un motivo molto semplice, che è comprensibile anche a chi non è laureato in Giurisprudenza. Noi in questi anni abbiamo sempre sentito parlare di ‘leggi ad personam’, perché ci si riferiva al primo ministro. Ignorando che l’intera produzione normativa penale è tutta ad personam, è stata tutta costruita nel Secondo Dopoguerra sulla base di eventi contingenti”. Gli esempi della legge Freda, la legge Valpreda, la legge Tortora, eccetera. “Una rivoluzione dell’intero sistema dell’amministrazione della giustizia, al di là e oltre la necessità attuale dell’amnistia, è davvero una conditio sine qua non. Ma deve transitare per una riforma costituzionale, e anche la nostra Costituzione paradossalmente è più legata al codice fascista che all’ideologia antifascista dalla quale è stata partorita”.
Pannella: “Secondo i dati del ministero di Giustizia, la metà di quelli che sono carcerati in corso di giudizio saranno giudicati innocenti, e di questo non ne parla nessuno”.
Nordio introduce il tema dell’obbligatorietà dell’azione penale: “Dove lei ha perfettamente ragione, e questo è un punto che anche con i magistrati non si riesce mai a tenere un discorso razionale perché alla fine prevale l’emotività, è il fatto che i sostituti procuratori e i pubblici ministeri – oggi sono procuratore aggiunto, ma sono stato Sostituto procuratore sono costretti, contro la loro coscienza, a scegliere quali processi fare e quali non fare. La prescrizione è il vero fallimento dello stato. Il fallimento dello stato non è l’amnistia, ma quando lo stato dice: ‘Volevo far tutto, sapevo che non ci sarei riuscito, ho fatto finta di poter far tutto e alla fine mi arrendo perché il processo è prescritto’. E questa non è più discrezionalità, questo è arbitrio. Perché la discrezionalità è per definizione vincolata. La discrezionalità è vincolata perché ci sono dei parametri certi che dicono, come faceva l’editto pretorio una volta: ‘Tu hai questo tipo di risorse, questo tipo di problemi, tu quest’anno devi dare priorità a questi e questi ultimi reati, e ogni volta che scegli devi spiegare’”. “A questo ci sarebbe un rimedio: basterebbe modificare l’obbligatorietà dell’azione penale in discrezionalità vincolata”.
Pannella: “Proponemmo il referendum, ma la Corte costituzionale non ci ha consentito di tenerlo”.
Nordio aggiunge che la discrezionalità vincolata andrebbe coniugata a “una forte depenalizzazione”. “In poche parole, se i magistrati potessero occuparsi soltanto dei reati veri, non delle sogliole sottodimensionate come noi dobbiamo fare a Venezia se il pescivendolo vende una sogliola di dieci centimetri più piccola…”. “Se riuscissimo a coniugare discrezionalità e depenalizzazione, tutta una serie di processi collasserebbero da soli”.
Pannella: “Noi abbiamo la dimostrazione che il popolo italiano, nel momento in cui abbiamo posto una serie di referendum su questa serie di patologie, ha sempre risposto positivamente. La gente comune ha un sentimento della giustizia. Chi è che nella politica italiana ha l’autorevolezza, la forza e il potere? Chi nelle metamorfosi del male, essendo stato portato dalla storia a far parte dei vittoriosi contro i fascismi, in Italia è da 60 anni potere politico più potente: quello di derivazione giacobina – vogliamo dire? -, della sinistra comunista italiana”.
Nordio: “Da liberale sono convinto delle tesi di Bernard Mandeville che pochi conoscono ma che secondo me tutti dovrebbero studiare. Oltre ad aver scritto un bellissimo pamphlet d’elogio delle case di tolleranza, ne ha scritto uno ancora più bello sulla storia delle api, la cui morale era come convertire i vizi privati in pubbliche utilità“. “La morale è molto semplice: il vizio non va combattuto, va tassato. E quindi viene convertito in pubblica utilità. Questo vale per il tabacco, per il whisky, e – aggiungo io – dovrebbe valere anche per la prostituzione. La quale, se fosse legalizzata e tassata, renderebbe secondo calcoli molto riduttivi, dai 5 ai 10 miliardi di euro l’anno. Di questo non se ne parla”. “Sono un liberale, certo non sono mai stato di sinistra, sono un libera- le riformatore. Però quello che mi ha sempre stupito dei miei amici di sinistra – e allora in questo senso sì, sarei di sinistra – è il fatto che una delle loro bandiere è la tutela del debole nei confronti del forte. Mi pare sia il primo comandamento del cristianesimo e della sinistra. Nessuno ha riflettuto sul fatto che quando uno si trova davanti al procuratore della Repubblica o generalmente al magistrato penale, è sempre il più debole. E oso dire che tanto più quella persona è forte nella società, a maggior ragione è debole perché ha molto più da perdere. Io ho interrogato imputati eccellentissimi, economicamente e non solo, circondati da uno stuolo di avvocati costosissimi e bravi, che tremavano davanti al magistrato. Mentre ho interrogato delinquentelli che prima non si erano nemmeno presentati davanti a me. Perché psicologicamente, economicamente e socialmente parlando, la persona più è potente più ha da perdere. E questo si vede nel più lacerante dei paradossi in un atto giudiziario che non dovrebbe avere nessun significato, cioè l’informazione di garanzia”. “I tre processi più importanti della storia sono stati tre processi legalmente impeccabili ma sostanzialmente iniqui. Perché quello di Gesù, quello di Galileo e quello di Socrate si sono conclusi con sentenze allineate alla più pura legalità, ma sono stati contrassegnati da una iniquità sostanziale lacerante”. “Il caso Sallusti è questo: nel doveroso rispetto della legalità, noi possiamo compiere una incredibile ingiustizia”.
Pannella sostiene le ragioni dell’amnistia quale “riforma strutturale” che può ridurre drasticamente il numero di processi pendenti, consentendo di riorganizzare amministrazione della giustizia e risorse sui processi poi rimasti. A quel punto le riforme – dalla separazione delle carnere al superamento dell’obbligatorietà dell’azione penale – seguiranno.
Nordio replica: “Io ho capito il pensiero discorsivo di Pannella, e vorrei dire che lo condivido se noi consideriamo l’amnistia come provvedimento choc sotto questo profilo. Sarebbe una tale esplosione di energie nuove che rimetterebbe tutto in discussione e faciliterebbe tutta una serie di riforme che potrebbero venire da sé. Esattamente come dopo le grandi battaglie sul divorzio, le altre son venute da sole e concentrate in poco tempo. Si è potuto riformare il diritto di famiglia dopo che si era rotto un tabù. Detto questo, io che purtroppo o per fortuna non voglio ragionare in termini politici, ma essendo tecnico del mestiere di questo mi devo occupare, da tecnico credo che innanzitutto sia molto difficile che questa interessantissima opzione – metà emotiva e metà logica – dell’amnistia come choc possa essere recepita dai politici. I politici badano al consenso immediato, e il consenso immediato del popolo – sotto questi profili – è estremamente ondivago”. “A me piacerebbe molto svegliarmi una mattina e dire: oggi il Parlamento ha avuto questo choc e questa visione quasi divina, e ha deciso di fare quello che dice Pannella; e da domani cambierà tutto perché dopo l’amnistia cambierà il modo di vedere le cose. Però lo vedo molto difficile come fattibilità. Mi accontenterei, da modesto operatore del diritto, che vi fosse in prima battuta un’amnistia proprio perché non se ne può fare a meno, ma che subito dopo – choc o non choc, adesione o no all’interpretazione che ha dato lei, onorevole Pannella, a questo effetto deflagrante dell’amnistia – si dicesse: bene, ricordiamo che l’amnistia estingue il reato e anche la pena, ci libera da una serie di fascicoli, ci libera da incombenze, ma se non si fanno altri tipi di riforme torneremo alla stessa situazione di prima nel giro di due anni”.
Pannella: “Non vive dialogo, informazione e conoscenza. L’elemento choc è un elemento che subentra. Ma io pongo un altro problema, è una domanda che faccio al maestro, non chiedo che risponda qui: quando un cittadino vede una flagranza di reato e di violenza, se lui non interviene è un reato. E”omissione di…’. Quando lo stato si trova strutturalmente, per decenni, in condizione ufficiale di flagranza di reato nei confronti della propria legalità, cosa si può fare? La violenza? Noi fino a 100 anni fa da liberali ritenevamo che il tirannicidio fosse legittimo; poi tra giacobini ed altro, le cose si sono complicate. A noi ci imputa, da più di 30 anni, e poi negli ultimi 18 sempre più formalmente, la Grande chambre, il Comitato dei ministri, il Consiglio d’Europa, deplorano la durata dei processi italiani che, accumulandosi, crea patente ingiustizia”. “Riforme della giustizia e depenalizzazioni sono nei nostri processi di legge.
Nordio: “Io sono favorevole all’amnistia. Dopo avere sentito questa appassionata difesa culturale e psicologica, ho capito qualche cosa di più. Vorrei dire anche che sicuramente su un punto mi ha convinto: le grandi battaglie ideali si devono iniziare indipendentemente dalla fattibilità del risultato concreto, ma che comunque sono proprio quelle che all’inizio sembrano più disperate. Io posso dire solo che questo glielo auguro di tutto cuore, e me lo auguro come magistrato e cittadino, perché sarebbe una vera rivoluzione culturale. Poi della natura umana ho una valutazione un po’ più pessimista, ma questa me la tengo per me”. “Però c’è un altro aspetto estremamente interessante di quello che lei ha detto, che si potrebbe sottolineare con la famosa frase di Napoleone Tintendance suivra’: fate l’amnistia e l’intendenza seguirà, tutto il resto verrà da sé, comprese le grandi riforme. Questo potrebbe essere vero”. “Il resto però è futuro ed è politica”.
Quelli pubblicati sono ampi stralci della conversazione tra Marco Pannella e Carlo Nordio condotta lo scarso 2 dicembre da Massimo Bordin su Radio radicale. I testi, trascritti da Marco Valerio Lo Prete, non sono stati rivisti dagli autori.
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