di Angiolo Bandinelli, da “Il Foglio”, 06/12/12
La Camera ha approvato in via definitiva, giorni fa, una riforma del diritto di famiglia che equipara i figli naturali a quelli legittimi. Viene così riconosciuto a tutti i figli, anche a quelli che si dicono “naturali” solo perché nati fuori dal matrimonio, un unico status giuridico, niente più l’odioso “figliastri”. Il bambino nato fuori dal matrimonio può essere riconosciuto dalla madre e dal padre “anche se già uniti in matrimonio con altra persona all’epoca del concepimento…”, e il riconoscimento “può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente”. Secondo quanto stabilisce l’articolo 1 della legge, a questi bambini viene data la possibilità di godere di quei vincoli parentali che prima, in carenza di legittimità, erano loro negati: potranno avere anche loro fratelli, nonni e zii. Tra i decreti attuativi che il governo dovrà emanare vi sarà anche quello sulla disciplina delle successioni e delle donazioni ai fini dell’eredità.
Ma qui viene il punto scottante. Le nuove norme si estendono anche ai figli nati da violenza e da incesto. Il riconoscimento, che può aver luogo previa autorizzazione del giudice, è riconosciuto importante riguardo all’interesse del nato e alla necessità di evitargli qualsiasi pregiudizio. Mi pare si tratti di un indirizzo pieno di umanità e di carità cristiana. Stando a molti autorevoli critici, sembra invece che non sia così. A Montecitorio si è formato un ampio fronte parlamentare contrario al provvedimento. L’Avvenire ha titolato, a tutta pagina, “Non legittimare l’incesto”, nell’articolo si riporta il giudizio di Paola Binetti, per la quale la norma “offre una strana legittimazione a coloro che da sempre sono considerati gli ‘orchi domestici”‘ mentre “non è nell’interesse di un bambino sapere e vedere certificata apertamente la propria origine incestuosa”. Il deputato Federico Palomba ha osservato che questo riconoscimento è un “atto unilaterale di colui che ha abusato della madre”. A parte, si riferisce il parere ugualmente avverso di Isabella Bossi Fedrigotti, preoccupata che l’incesto possa ora apparire “una pratica meno perversa… quasi in via di depenalizzazione”. Francamente ci pare che questi siano allarmi esagerati o senza fondamento. Se problema c’è, sta nel fatto in sé, nella violenza praticata (e subita). Ma perché deve essere meglio, per il bambino, avere un atto di nascita oscuro o falso piuttosto che l’indicazione di un responsabile? Tra l’altro, mi pare che nei documenti richiesti per i normali usi civili sia stata abolita l’indicazione del nome di padre e madre. C’è dunque, nell’opposizione al provvedimento legislativo, qualcosa che a me sa di accanimento falsamente moralistico.
In questi stessi giorni un quotidiano ha riportato la notizia che il fondo assistenziale sanitario dei lavoratori nell’industria chimica ha deciso di ammettere la richiesta di un dipendente per ottenere l’iscrizione al Fondo del proprio convivente “dello stesso sesso”. “È la dimostrazione – ha detto il segretario della Federazione lavoratori del settore – che i fondi integrativi possono superare le lacune della legislazione e quindi si presentano come strumento di innovazione sociale”. Credo sia buona cosa fare leggi che, mentre non obbligano nessuno, consentono il godimento di una maggior libertà a chi vuole usufruirne. È una tendenza che oggi si concretizza con la richiesta di diritti civili sempre più aperti e inclusivi.
Non solo la chiesa si oppone a questi sviluppi. Lo stato (italiano) vi aggiunge di suo nel momento in cui avvia le procedure di ricorso avverso la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che aveva giudicato incoerente, e dunque bocciato, quella parte della legge 40 che vieta la diagnosi preimpianto. Scorgo in tutti questi comportamenti qualcosa di sadico, esprimono una sorta di nostalgia per le antiche torture esercitate sui corpi. Messe al bando le torture fisiche, si attizzano quelle psicologiche. Persino utilizzando la tesi, avanzata da un autorevole esponente del cattolicesimo politico, che occorre “salvaguardare l’integrità del sistema giudiziario nazionale”, come se non avesse già detto la sua, grazie ai 19 pronunciamenti di tribunali regionali e della Consulta che hanno posto in liquidazione la struttura di quella legge, per mantenere la quale, nel 2005, si arrivò a fare propaganda nelle chiese contro il referendum abrogativo. Su un sito di informazioni cattoliche si parla di un ottimo prete che a Marsiglia, in un ambiente difficile se non ostile, ha dato nuovo impulso alla vita della parrocchia. Per vincere le diffidenze, lui accoglie tutti, con gioia: “Anche le prostitute – dice – e do loro la comunione”.
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