di Paolo Macry, da “il corriere del mezzogiorno”, 02-12-2012
Primarie piene, urne vuote , si potrebbe dire parafrasando la nota recriminazione di Nenni. Chi trarrà vantaggio, alle elezioni della prossima primavera, dal rinnovato interesse per la politica suscitato dalle primarie della sinistra? L`alleanza Pd-Sel o qualcun altro? Il caso Napoli sembra istruttivo. Qui ha vinto al primo turno (e forse vincerà oggi) Bersani. E ha vinto grazie all`appoggio di politici, ex amministratori, professionisti, intellettuali della stagione bassoliniana. Anche per questo, tuttavia, il voto a Bersani rischia di apparire un voto di continuità e conservazione. Continuità di un`elite politica e civile senza grandi meriti. Conservazione di un`idea del Sud che rimane retorica, statalista, assistenzialista. E dunque, per quanto il Sud sia debole e conservatore, è improbabile che la mobilitazione delle primarie possa allargare in modo significativo — alle politiche del 2013 — il tradizionale bacino del Pd. Dopo tutto, rigettando le ipotesi maggioritarie evocate da Matteo Renzi, è lo stesso Bersani a concentrarsi in modo esclusivo sul popolo di sinistra. Della sinistra ex-Pci e della sinistra ex-Dc. Due componenti che, a Napoli, non si sono segnalate per il buon governo.
Conservare semplicemente i propri voti, peraltro, sarebbe un risultato mediocre. Certificherebbe l`incapacità di influenzare le praterie elettorali lasciate incustodite dal crollo del centrodestra, ovvero quella vasta opinione pubblica che già nelle comunali del 2011 aveva mostrato di essere disponibile ad altre opzioni, in parte contribuendo alla vittoria di de Magistris. E proprio questo potrebbe ripetersi, con la designazione di Bersani alla premiership. Di fronte alla scomparsa della destra e agli spiriti conservatori della sinistra, sarebbe il movimentismo di lotta e di governo del sindaco di Napoli ad avere grandi spazi di iniziativa.
De Magistris, del resto, ha tutte le carte in regola per cogliere le circostanze favorevoli. Può adulare il sudismo delle popolazioni locali, dandogli toni ben più radicali di quelli che esprime Bersani. Può battere sui tasti sensibili del conflitto sociale, come neppure a Vendola è dato fare. Può infierire sulla Casta, avendola già fustigata da pm ed essendo una new entry della politica. Può attaccare il governo nazionale e l`Europa con un`irruenza vietata a chi fa parie della «strana maggioranza» e alla stessa Sel.
La sua consonanza con elettori scontenti, preoccupati e — in quanto meridionali — tendenzialmente vittimisti, appare agevole. Ben più di quanto non sia per gli altri leader «progressisti». Ex dipietrista dal quale lo stesso Di Pietro va ormai col cappello in mano, de Magistris si rivolge a un bacino di opinione, più che di partito. Ciò che non può fare il centrodestra, come sempre in debito di egemonia. Né un Pd bersaniano, che si chiude nei propri steccati e sottovaluta le potenzialità, oggi, del voto di opinione. Si dirà che, a dialogare con le ansie della gente, non c`è soltanto il sindaco di Napoli. Beppe Grillo potrebbe sempre approdare a nuoto sul lungomare liberato. E certamente i suoi slogan sarebbero più coloriti di quelli arancioni. Ma difficilmente riuscirebbe a tagliare le radici che, per propria intelligenza o per graziosa concessione altrui, de Magistris ha messo ormai nella città.
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