di Maria Teresa Improta, da “Parma Today”, 05-11-2012
Papa definisce la struttura di Parma “una felice eccezione”, ma si dice preoccupato per Tanzi. Negato l’accesso all’associazione di detenuti Papillon che denuncia “i carceri italiani sono latrine sociali, non c’è recupero”. Alfonso Papa l’onorevole del Pdl ha visitato stamane la casa circondariale di via Burla. Detenuto nel carcere di Poggioreale nel 2011 con l’accusa di concussione e rivelazione di segreto d’ufficio l’ex magistrato parla di Parma come “una felice eccezione dove esiste ancora un minimo di dignità umana. I carceri sono strutture in cui si soffre e si muore ignorate dalla politica sia di destra sia di sinistra. Gli unici a preoccuparsene sono Pannella che porta avanti la battaglia per l’amnistia e Berlusconi che ha lavorato per la riforma del sistema giudiziario”.
“Devo denunciare il diniego ricevuto dall’associazione di detenuti Papillon a visitare il carcere – tuona Papa – non è giusto che questo avvenga, anzi si dovrebbero incentivare le iniziative nei penitenziari non limitarle”. “In Italia i carceri sono latrine sociali – afferma Claudio Marcantoni dell’associazione di detenuti Papillon – discariche del sottoproletariato sia per i detenuti che per il personale penitenziario. Esiste un amnistia bianca che permette ai potenti di evitare le sbarre, mentre la povera gente muore in cella”.
Oltre a Papillon ai cancelli di via Burla erano presenti anche City Angels rigorosamente in divisa rossoblù. Tra i detenuti incontrati da Alfonso Papa, accompagnato nel tour tra le celle da commissario ed ispettore, anche Callisto Tanzi. “Vederlo mi ha turbato, – ha dichiarato il deputato Pdl – pesa 48 chili non riesce neanche a parlare, non è affatto lucido, dice di non capire cosa gli stia succedendo. Durante il colloquio si è accasciato sul letto dolorante. È un uomo anziano, uno dei tanti malati che agonizzano nei penitenziari italiani”. Per quanto riguarda la vicenda personale e il processo in corso a suo carico per le vicende legata alla P4 Papa afferma la propria “fiducia nella magistratura giudicante”.
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