Da “Cronache di Napoli”, di Umberto Ciarlo, 14-08-2012
“Amnistia”, recita il grosso striscione, steso dinanzi alla saracinesca di un negozio chiuso certamente per ferie. Quelli che l’hanno steso, però, in ferie non ci sono andati. Almeno non dalla militanza. I radicali napoletani dell’associazione “per la Grande Napoli” il mese d’agosto lo stanno trascorrendo sull’asfalto infuocato di fronte al civico 177 di via Nuova Poggioreale, l’indirizzo cui fanno capo più persone in assoluto in città, una comunità di circa tremila persone, quella del carcere di Poggioreale.
Si svegliano all’alba i militanti del partito radicale italiano, arrivano dinanzi al carcere, mettono lo striscione, montano un tavolino, sistemano le carte per la raccolta firme e le bandiere di partito. Si svegliano all’alba ma non sono i primi ad arrivare. Dinanzi all’ingresso per i colloqui c’è sempre già qualcuno che aspetta. Mamme, papà, mogli e figli di detenuti. Alcuni di loro stanno lì dalla notte per incontrare i propri cari in carcere, l’appuntamento per eccellenza. In carcere la sofferenza più grande è forse quella di star lontano dai propri cari, per il sorriso di uno di loro si contano le ore in cella, ci si rende conto forse solo lì di quanto sia importante, e che in confronto quello che s’inseguiva prima era solo un ombra. I radicali ogni mattina li raggiungono, s’intrattengono con loro per quella parte d’attesa, tutt’altro che breve, che si trascorre fuori delle mura, evidenziando il trattamento davvero inumano che loro come i loro cari in carcere devono subire solo per poterli vedere.
Ieri verso ora di pranzo, dirigenti e militanti radicali erano davanti all’ingresso della direzione del carcere, manifestando per l’ennesima volta. A turno c’era qualcuno al megafono, chiedendo il rispetto delle leggi dello Stato nell’istituzione carceraria che è essa stessa Stato, a turno erano insieme con i familiari dei carcerati, o a controllare i documenti per la raccolta firme che mira a dare più peso ed urgenza alle loro proposte di giustizia. Da quando oltre un anno fa la storica guida del partito radicale, Marco Pannella, ha lanciato l’ennesima campagna per la legalità in carcere, i militanti napoletani sono sempre stati in prima linea, con sit-in, raccolta firme ed opere di sensibilizzazione tra la cittadinanza. E’ di nemmeno un mese fa un a cinque giorni di ‘silenzio’ nelle carceri, un’azione di protesta non violenta, un satyagraha in Sanscrito, parola resa famosa da Ghandi, che con questa forma di protesta ha cambiato letteralmente il corso della storia della sua nazione, offrendo spunti ed indirizzo ad tante e tante altre lotte.
I satyagraha sono proteste particolari perché fanno leva sulla fiducia, non su altro. Le iniziative radicali di matrice ghandiana acquisiscono forza dalla convinzione che la parte ‘altra’, qualsiasi essa sia, comprenda e infine permetta. Durante la cinque giorni silenzio un numero indefinito ma sicuramente amplio di detenuti è semplicemente stato in silenzio, evitando di parlare se non per le emergenze, mettendo fine alle ‘battiture’, forma di protesta rumorosissima e diffusissima, in modo che ad assordare fosse il loro silenzio. Di questa e tante altre iniziative radicali si è fatta veicolo radio carcere, probabilmente il mezzo di comunicazione più ascoltato nelle carceri.
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