LiberAperta rilancia 2 proposte dei Radicali Italiani, per la redazione di bilanci consolidati sia in Comune che in Provincia e per il ripristino delle incompatibilità, abrogate come effetto collaterale del referendum del 11 e 12 giugno 2011. Per farlo stiamo cercando un consigliere comunale e provinciale disponibili a promuovere questa iniziativa all'interno dei rispettivi consigli. Di seguito il testo della mozioni.
Uno dei fondamenti della democrazia assembleare è costituito dalla effettiva conoscibilità e dalla trasparenza dei bilanci pubblici. Le modalità di redazione del bilancio dell' Ente locale attualmente non consente una lettura dell’effettivo impatto finanziario che hanno su di esso le partecipazioni societarie di cui lo stesso ente è titolare. L’adozione del bilancio consolidato, rendendo visibili i risultati delle attività delle società che gestiscono i servizi pubblici ed imputandoli immediatamente alla contabilità dell’Ente, introdurrebbe un elemento di trasparenza e quindi di controllo pubblico diffuso da parte dei cittadini sul sistema delle partecipazioni societarie e porrebbe al centro della responsabilità politica il tema dell’efficienza, dell'efficacia e dell'economicità dei servizi quindi della loro effettiva sostenibilità economica per l'ente pubblico locale per l'erogazione nelle forme attuali. Dalla circostanza che ente locale e società partecipate abbiano distinti bilanci ne deriva che le eventuali passività generate da queste società, per quanto sostenute, non compaiono nel bilancio dell’Ente locale almeno fino a quando le perdite siano così rilevanti da comportare una riduzione di almeno 1/3 del capitale sociale. In questa ultima ipotesi la perdita diviene conoscibile poiché, in base alle norme contenute nel Codice Civile (art.2446) si impone l’obbligo della ricapitalizzazione delle perdite. Ricapitalizzazione a cui sarà obbligato l’Ente locale attingendo le risorse dai fondi pubblici.
Prima proposta
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Al presidente del consiglio comunale (provinciale)
CONSIDERATO che
il bilancio consolidato è uno strumento contabile che consente la lettura reale dello stato dei conti dell’ente locale rendendo intellegibile l’incidenza finanziaria esercitata dagli enti partecipati sul bilancio complessivo dell’Ente locale e assicurando la conoscenza dei risultati delle gestioni relative ad enti o organismi costituiti specificamente per l’esercizio di funzioni aventi il fine dell'erogazione di beni e di servizi alla cittadinanza.
L'istituto non è sconosciuto al nostro ordinamento giuridico, infatti nel TUEL, il Testo Unico degli Enti Locali, è già prevista la facoltà per l’ente pubblico di adottare il bilancio in forma consolidata: così infatti recita il sesto comma dell'art. 230: “Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di un conto consolidato patrimoniale per tutte le attività e passività interne ed esterne”, analogamente il secondo comma dell'art. 152 recita: “Il regolamento di contabilità assicura, di norma , la conoscenza consolidata dei risultati globali delle gestioni relative ad enti ed organismi costituiti per l’esercizio di funzioni e servizi”.
Nella futura legislazione nazionale quindi, il ricorso al bilancio consolidato si dovrebbe realizzare effettivamente ed obbligatoriamente entro un, auspicabilmente, breve lasso temporale poichè ciò è previsto nel c.d. decreto Ronchi - convertito con la legge n. 166 del 20 novembre 2009, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee e pubblicato in Gazzetta Ufficiale 24 novembre 2009, n. 274 - i cui decreti attuativi necessari per rendere effettiva l'obbligatorietà della redazione dei bilanci in forma consolidata non sono stati ancora emanati, così come è prevista la sua adozione nel testo del codice delle autonomie approvato dal governo Berlusconi i cui decreti attuativi , anche in questo caso, non sono stati ancora emanati;
PRESO ATTO infine che
la stessa Corte dei Conti, organo deputato al controllo contabile degli enti pubblici, auspica l’adozione della contabilità in forma consolidata, la cui mancanza “ha messo in evidenza, prima di tutto, l’insufficienza del bilancio dell’ente locale a fornire informazioni esaustive concernenti l’impatto finanziario che le partecipazioni dell’ente hanno sui propri equilibri di bilancio, attribuibile alla scarsa analiticità del bilancio” ( in Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, “Stato dei controlli della Corte dei conti sugli organismi partecipati dagli enti locali”, Deliberazione n. 13/2008)
IMPEGNA IL CONSIGLIO COMUNALE (IL CONSIGLIO PROVINCIALE)
ad adottare per il Comune di Arezzo (e la Provincia di Arezzo), forme di redazione del bilancio che includano il bilancio consolidato, ovvero un conto consolidato che includa tutte le attività e passività interne ed esterne, gravanti effettivamente sulle finanze municipali: un conto che consideri, in un unico documento, tutti i ricavi e i costi dell’ente facendo si che questi dati fondamentali siano potenzialmente conoscibili da tutta la cittadinanza sottoposta all'imposizione fiscale per l'erogazione di beni e servizi, di cui sono i fruitori principali ad individuare per la rappresentazione del bilancio formati digitali aperti, intellegibili e accessibili, che facilitino la ricerca e la riaggregazione del bilancio stesso, ovvero ad essere riportate, con link ben visibile nella homepage del sito - nell'ambito dei dati della sezione «Trasparenza, valutazione e merito» di cui al decreto legislativo n. 150 del 2009, che devono essere resi di facile consultazione e accessibili ai motori di ricerca ed in formato tabellare aperto che ne consenta l'esportazione, il trattamento e il riuso ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
Seconda proposta
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MOZIONE
per il ripristino incompatibilità non più in vigore a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.199 / 2012
Al presidente del CONSIGLIO COMUNALE (PROVINCIALE)
PREMESSO che
I referendum del 11 e 12 giugno 2011 hanno avuto a oggetto non solo il servizio idrico integrato ma tutte le norme riguardanti i processi di liberalizzazioni dei servizi pubblici locali e le conseguenti privatizzazioni di parte delle società controllate dagli Enti locali.
Di seguito al ricorso proposto da sei Regioni, la Corte Costituzionale, nell’interpretare la normativa di risulta successiva all’abrogazione referendaria, con la sentenza n. 199, del 20 luglio 2012, ha applicato la legge imponendo un brusco arresto ai processi sopra descritti;
Con la sentenza n.199/2012 la Corte Costituzionale ha ritenuto incostituzionale l’intero art.4 del D.L. n.138 del 2011 perché in contrasto con l’esito del referendum abrogativo del giugno 2011.
La decisione della Consulta ha travolto l’intero impianto normativo relativo ai servizi pubblici locali e la loro liberalizzazione.
Ne è derivato che, insieme alle norme sulle liberalizzazioni, anche tutte le norme che stabilivano il regime delle incompatibilità siano rimaste coinvolte nella declaratoria di incostituzionalità.
Si è così determinato un vuoto proprio in un ambito quale quello delle nomine di amministratori delle aziende partecipate e di commissari delle gare, che al contrario, oggi più che mai, richiede le massime garanzie di trasparenza e credibilità nelle scelte operate.
In particolare il D.L.n.13872011 prevedeva che:
1. Gli amministratori, i dirigenti e i responsabili degli uffici o dei servizi dell'ente locale, nonché degli altri organismi che espletano funzioni di stazione appaltante, di regolazione, di indirizzo e di controllo di servizi pubblici locali, non possono svolgere incarichi inerenti la gestione dei servizi affidati da parte dei medesimi soggetti. Il divieto si applica anche nel caso in cui le dette funzioni sono state svolte nei tre anni precedenti il conferimento dell'incarico inerente la gestione dei servizi pubblici locali. Alle società quotate nei mercati regolamentati si applica la disciplina definita dagli organismi di controllo competenti.
2. Il divieto di cui al comma 19 opera anche nei confronti del coniuge, dei parenti e degli affini entro il quarto grado dei soggetti indicati allo stesso comma, nonché nei confronti di coloro che prestano, o hanno prestato nel triennio precedente, a qualsiasi titolo attività di consulenza o collaborazione in favore degli enti locali o dei soggetti che hanno affidato la gestione del servizio pubblico locale.
3. Non possono essere nominati amministratori di società partecipate da enti locali coloro che nei tre anni precedenti alla nomina hanno ricoperto la carica di amministratore, di cui all'articolo 77 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, negli enti locali che detengono quote di partecipazione al capitale della stessa società.
4. I componenti della commissione di gara per l'affidamento della gestione di servizi pubblici locali non devono aver svolto nè svolgere alcun'altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente alla gestione del servizio di cui si tratta.
5. Coloro che hanno rivestito, nel biennio precedente, la carica di amministratore locale, di cui al comma 21, non possono essere nominati componenti della commissione di gara relativamente a servizi pubblici locali da affidare da parte del medesimo ente locale.
6. Sono esclusi da successivi incarichi di commissario coloro che, in qualità di componenti di commissioni di gara, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa, all'approvazione di atti dichiarati illegittimi.
7. Si applicano ai componenti delle commissioni di gara le cause di astensione previste dall'articolo 51 del codice di procedura civile.
8. Nell'ipotesi in cui alla gara concorre una società partecipata dall'ente locale che la indice, i componenti della commissione di gara non possono essere nè dipendenti nè amministratori dell'ente locale stesso.
CONSIDERATO che
queste incompatibilità, oggi non più vigenti, rappresentavano un presidio di legalità e di garanzia della corretta amministrazione della cosa pubblica,
le Istituzioni debbono evitare potenziali conflitti d’interesse
IMPEGNA IL CONSIGLIO COMUNALE (LA GIUNTA COMUNALE, IL CONSIGLIO PROVINCIALE..)
ad adottare autonomamente le incompatibilità, oggi non più vigenti, così come nei punti 1-8 e che nelle more non si proceda a nomine secondo criteri in contrasto con le stesse