di Fabrizio Ferrante, da www.epressonline.net [3], 02-08-2012
Come ormai tradizione radicale, il mese di agosto è dedicato principalmente alla lotta per il ripristino della legalità nelle carceri italiane. Marco Pannella ha annunciato di voler imprimere una svolta alla lotta per l’amnistia, attraverso la messa sotto accusa dello Stato per la sua “flagranza criminale”. Parlare di carcere non può che condurre all’altra faccia del problema, il proibizionismo sulle droghe. Martedì, a Napoli, è andata in scena un’operazione antidroga ai limiti del surreale.
Le parole pronunciate da Pannella durante la scorsa puntata di Radio Carcere sono inequivocabili: “È bene che sia molto chiaro che su mia proposta anche il Comitato di Radicali Italiani ha stabilito chiarissimamente che noi faremo tutto quel che è possibile e doveroso per mettere sotto accusa per la sua flagranza criminale lo Stato e la Repubblica. Noi non siamo portatori di ‘miserrime diffamazioni’”. Quindi, il leader radicale ha aggiunto: “Noi contestiamo ai responsabili dello Stato italiano una cosa precisa: di essere gravissimamente colpevoli di una condizione criminale nella quale mantengono testardamente lo Stato italiano, dopo almeno 30 anni. Vi sono responsabilità di Stato e responsabilità criminali di Stato criminale. L’amnistia non è la soluzione doverosa. È obbligata per quel che produce, di immediato rientro, in prospettiva anche maggiore, nella legalità“.
Negli ultimi giorni, contraddistinti da una recrudescenza delle morti per suicidio dietro le sbarre sia dei detenuti che degli agenti penitenziari, si stanno moltiplicando le voci a sostegno di provvedimenti in grado di rendere meno infernali le nostre carceri. Non ultimo, anche Benedetto XVI ha invocato condizioni umane per i reclusi, così come Giorgio Napolitano attraverso la sua risposta alla lettera del Professor Andrea Pugiotto (clicca qui). Anche fra la cosiddetta società civile, inizia a passare – seppur a fatica – il concetto che chi ha sbagliato abbia il diritto di scontare la propria pena in condizioni umane, tesi proposta anche dal Presidente del Senato, Renato Schifani. Ma è proprio questo il punto, ovvero il presupposto che chi si trovi in carcere abbia necessariamente violato la legge. Il 40% dei detenuti in Italia è in attesa di giudizio e le statistiche dicono che la metà di questi cittadini sarà assolta alla fine della propria vicenda giudiziaria.
In molti casi si tratta di persone in carcere per motivi connessi alla violazione della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, una legge che ha causato sprechi di risorse umane ed economiche, morte, disperazione e scenari da guerriglia neppure ci trovassimo in Colombia o al confine fra Stati Uniti e Messico. Due giorni fa, tra Scampia e Secondigliano è andato in scena un blitz che ha visto impegnati 300 poliziotti, 300 carabinieri, Vigili del Fuoco, artificieri, operatori Asìa e unità cinofile – se fosse stato possibile anche l’esercito Vulcaniano – con tanto di elicotteri a sorvolare le due aree a Nord di Napoli. La domanda che sorge spontanea, parafrasando Antonio Lubrano, riguarda i costi astronomici per mettere in piedi una macchina organizzativa di tal guisa. Risultato? La classica montagna che ha partorito il topolino: modesti sequestri di denaro, droga e armi oltre a quattro arresti, di cui solo uno per spaccio di droga e tre segnalazioni al Prefetto per possesso di sostanze per uso personale. Ma per fare ciò occorreva una spettacolarizzazione del genere?
Come da tempo segnalano i radicali Per la Grande Napoli – in particolare il segretario, Luigi Mazzotta, con altri dati inquietanti rivelatici in occasione dell’ultima Street Parade antiproibizionista, clicca qui - nelle piazze di spaccio ormai lavorano giovani disoccupati arruolati da altri quartieri e da comuni limitrofi, spesso incensurati e pronti a essere sostituiti una volta arrestati. C’è da scommettere che a Scampia e Secondigliano non cesserà lo spaccio, che cesserebbe solo con la fine della guerra alla droga e la legalizzazione delle sostanze così come avvenuto per il gioco d’azzardo illegale, pratica ormai debellata e un tempo diffusissima nella città partenopea – oltre che una delle principali fonti d’introiti per l’Erario, come potrebbe essere per le droghe legalizzate -. Operazioni come quella di martedì sono risibili esattamente come quelle anti-evasione a Cortina e nelle località turistiche. Così Rodolfo Viviani, presidente dell’associazione radicale Per la GrandeNapoli: “L’esito di questa mega operazione, di cui non conosciamo il costo, sembra estremamente deludente. Ennesima prova abbagliante del fallimento del proibizionismo sulle droghe e degli enormi costi economici, sociali e politici a carico dei cittadini”. Così come i radicali lottano per “amnistia subito”, cresce sempre di più l’esigenza della campagna “antiproibizionismo, subito!”.
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