Care compagne e cari compagni, come avrete sentito da Radio Radicale (e come, ve lo avevamo detto al telefono, era nell'aria) :-)), Marco Pannella ieri mattina ha annunciato e convocato quattro giorni di nonviolenza, di sciopero della fame e di silenzio [per approfondire, leggere il testo preparato dal prof. Pugiotto e aderire all'appello: http://amnistiasubito.radicali.it/ [3]] a partire da mercoledì 18 luglio, affinché “questa straordinaria mobilitazione ridìa ulteriormente il senso della urgenza necessaria e possibile per la nostra battaglia sulla grande riforma strutturale della Giustizia a cominciare dall’aministia”. La tre-giorni (17,18,19 luglio) di mobilitazione nazionale per le piccole imprese e l’occupazione resta però confermata (ne hanno parlato Mario e Michele proprio con Marco), dal momento che le questioni sollevate dall'appello al governo Monti sulle PMI, e in particolare il problema dei ritardi nei pagamenti, sono strettamente collegate con il disastro della "giustizia" nel nostro Paese. Entro lunedì prossimo riceverete il file di un secondo volantino, contentente le informazioni sui 4 giorni per l'amnistia, da stampare e tenere mentre in fondo al testo trovate un testo preparato da Michele De Lucia e rivisto, all'epoca da Marco, per il volantone delle amministrative di Pistoia, che collega il fronte economico e il fronte giustizia con alcuni utili dati. Continueremo a sentirci e ad aggiornarci man mano che ci saranno novità.i tavoli e/o distribuire (n.b. quello che c'è già, che riporta su un lato il testo dell'appello-PMI e sull'altro il modulo di raccolta firme, va benissimo e va usato), Ciao, un abbraccio Liliana Chiaramello e Matteo Mainardi
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Come l’inferno sociale italiano produce fallimenti, disoccupazione, e comunque disagi, sofferenze, esasperazioni e rivolte che, secondo il Consiglio d’Europa, riguardano almeno un terzo dei cittadini: un’altra conseguenza dell’antidemocraticità e della malagiustizia partitocratica, ma “lor signori” continuano a dire no all’amnistia, che - da sola - immediatamente interromperebbe la flagranza criminale dello Stato italiano, che massacra il nostro popolo e ricorda quello degli infami Stati fascisti, nazisti e comunisti dello scorso secolo. Sessant’anni di spesa pubblica clientelare e di saccheggio partitocratico ai danni dei cittadini, ora aggravati dalla crisi economica globale, hanno messo in ginocchio l'intero sistema produttivo e a farne le spese sono quattro milioni e mezzo di micro, piccoli e medi imprenditori dando un contributo fortissimo e sempre più tragico alla disoccupazione, un vero e proprio delitto sociale ed istituzionale. Altri numeri di questo disastro sono impressionanti: da una parte, la Pubblica Amministrazione ha accumulato nei confronti delle piccole e medie imprese 90 miliardi (miliardi!) di euro di debiti, e paga le commesse con ritardi che arrivano fino a tre, quattro anni; dall’altra, moltissimi piccoli imprenditori, a causa dei ritardi di pagamento tra privati, si ritrovano costretti, loro malgrado, a fare letteralmente “da banca” alle grandi imprese loro debitrici. Nel 2011, quasi un fallimento su tre (circa 3.600 su 11.000) è stato causato dall’impossibilità di incassare in tempi ragionevoli le proprie fatture. Come se non bastasse, una volta emessa la fattura, le piccole imprese devono pagare l’Iva, pur non avendo ancora ricevuto il compenso dovuto per il lavoro svolto! Dall’inizio dell’anno già 23 imprenditori, piuttosto che chiudere e licenziare i lavoratori, si sono suicidati. Questi suicidi, questa disperazione, non hanno commosso il sindacato, sia quello operaio che quello confindustriale. Sin dall’inizio della legislatura, i Radicali hanno presentato due proposte di legge (primo firmatario Marco Beltrandi) per affrontare questo vero e proprio flagello sociale. Malgrado siano state sottoscritte da deputati di tutti gli schieramenti politici, esclusa la Lega Nord, la partitocrazia in tutte le sue componenti, a cominciare dai maggiori partiti, ha impedito che ne fossero consentiti in Parlamento la discussione e il voto. Sulla base della nuova Direttiva europea (2011/7/UE) sulla lotta ai ritardi di pagamento, devono essere ridefiniti in modo rigoroso i tempi di pagamento e le sanzioni per le imprese e la P.A. che non li rispettano. Inoltre deve essere prevista l’estensione del regime dell’Iva per cassa (pago l’Iva solo una volta che la fattura mi è stata saldata) e la certificazione dei crediti vantati verso la P.A. Ciò consentirebbe agli imprenditori di evitare, oltre al danno, la beffa di uno Stato che quando deve pagare, paga in ritardo, mentre quando deve incassare chiede di pagare le tasse in anticipo, magari costringendo a chiedere dei prestiti in banca. La causa dei ritardi nei pagamenti è sicuramente imputabile anche alla crisi dell’amministrazione della giustizia, che, nel caso delle cause civili, secondo quanto affermato dallo stesso Presidente Monti, costituisce una ragione grave di mancata crescita per i tempi biblici dei processi. La Banca Mondiale, nel Rapporto "Doing Business 2012", colloca la nostra giustizia civile agli ultimi posti nel mondo: su 183 Stati, occupiamo il 158° posto. Per ottenere una sentenza che punisca per l'inadempimento di un contratto, in Italia occorrono 1.210 giorni, 394 in Germania, 389 in Gran Bretagna, 360 in Giappone, 331 in Francia, 300 negli Stati Uniti. Ci superano di gran lunga anche Ghana (487), Gambia (434), Mongolia (314) e Vietnam (295). Altri “numeri”: i costi legali in Italia rappresentano il 29,9 per cento del valore della causa, contro il 14,4 della Germania e il 9,9 della Norvegia. In sintesi, per recuperare quanto le spetta, l'impresa italiana deve aspettare 40 mesi e intanto è costretta a chiedere prestiti, mentre le aziende straniere incassano nel giro di un anno.
Fonte: http://radicaligenova.iobloggo.com/704/aggiornamento-iniziative-amnistia-e-pmi [4]