L'Unità, 31 maggio 2012
A Mancino abbiamo chiesto di rispondere: "Non sono abituato a rilasciare interviste mentre l'autorità giudiziaria indaga - ci ha detto in prima battuta. Se sono a conoscenza di una notizia che può contribuire a fare chiarezza, riferisco direttamente ai magistrati".
Poi però ha aggiunto: "Non replicherei neanche adesso. Visto, però, che Martelli mi ricorda come un ministro di provincia, devo fare presente che non mi pare che il territorio dell'Irpinia registrasse all'inizio degli anni Novanta fenomeni di malavita organizzata, fatta eccezione per la zona del Valle di Lauro, dove si fronteggiavano i clan dei Graziani e dei Cava, che solo successivamente sarebbero divenuti pericolosi. Erano clan collegati a famiglie camorristiche".
Eppure in quel frangente, davanti a Poggioreale, ci furono manifestazioni violente di familiari, mentre nel carcere i detenuti protestavano...
"È vero. Poggioreale era, come tanti altri penitenziari, sovraffollato. Mentre tornava a casa fu ucciso il sottufficiale degli agenti di custodia Pasquale Campanello, della provincia di Avellino. Il feroce delitto fece molto scalpore e contribuì ad inasprire gli animi dentro e fuori il penitenziario. Io non ho mai fatto pressioni per revocare qualche provvedimento di 41bis. Neppure in quell'occasione. Come ministro dell'Interno, del resto, non sono stato mai messo a conoscenza di nominativi di detenuti assoggettati al regime di carcere duro. I provvedimenti relativi erano disposti, revocati, prorogati o fatti decadere dal ministro competente che era il Guardasigilli, o da un suo delegato. A me, ministro dell'Interno, non veniva data - non c'era alcun obbligo - comunicazione relativa a eventuali modifiche della condizione dei detenuti sottoposti al 41 bis". Tornando a Poggioreale, nel carcere si recò una commissione parlamentare per comprendere le ragioni della protesta. Lo ricorda?
"Ho ricostruito una rassegna stampa di quel periodo e la custodisco gelosamente. Sa cosa ho scoperto? Per sedare la protesta, come si può ricavare dalla lettura delle cronache de Il Mattino, si recò a Poggioreale il direttore del Dap Nicolò Amato. Era il 17 febbraio 1993, e la cronaca cui faccio riferimento attribuisce al dottor Amato il merito della pacificazione. Un centinaio di detenuti furono trasferiti in altri penitenziari. Il ritorno alla calma fu salutato, dentro e fuori le mura di Poggioreale, dagli applausi di chi fino ad allora aveva protestato".
E lei allora che posizione prese?
"Non ho difficoltà a rispondere. Intervenendo a Catania il 20 marzo 1993, cioè pochi giorni dopo che la protesta era rientrata, dichiarai che il problema delle carceri "non si può risolvere con la leggerezza di chi propone misure di allentamento: semmai dobbiamo tenere sempre alta la guardia". È riportato sui giornali del giorno dopo. Ma, rispondendo alla domanda, desidero anche ricordare che furono i parlamentari della commissione Giustizia della Camera, durante la loro visita a Poggioreale, a chiedere la revoca della misura restrittiva, annunciando di volersi rivolgere al nuovo ministro della Giustizia. Come vede, io del 41bis, anche su Napoli, fui un difensore intransigente. Sfogliando Il Mattino dell'epoca posso dirlo ancora oggi".
Tuttavia Martelli non la pensa così.
"Forse parla a memoria, e la memoria, dopo venti anni, può ingannare. Io cito documenti".
http://www.detenutoignoto.com/2012/06/nicola-mancino-e-claudio-martelli-botta.html
1 Giugno, 2012 - 12:36
Fonte: http://www.detenutoignoto.com/2012/06/nicola-mancino-e-claudio-martelli-botta.html [4]